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Il pesto genovose
Buon appetito a tutti!
Metti, una sera a cena (cit.)
Nel raffinato ambiente da gourmet di amici splinderiani, ieri sera si è svolto un avvenimento eno-gastronomico di notevole rilievo e spessore.
Dopo qualche facezia scambiata nell’attesa che arrivassero tutti i commensali, ci siamo seduti a tavola ed è arrivato l’antipasto:
"Chiodini caramellati e tacchinella al marsala in cialda di parmigiano", accompagnati da
"60" della tenuta Casteani. È seguito il primo piatto
"Tagliolini all’uovo con crema di carote e taleggio su gelée di peperone", accompagnati da
"Terre di Casteani". Una breve attesa necessaria anche a far riposare le nostre papille gustative, e poi il secondo piatto
"Filetto all’Armagnac su salsa bernese e chips con patè di olive", accompagnato a sua volta da
"Brunello di Montalcino – Fattoria Allegrini", debitamente scaraffato e messo a respirare in decanter qualche ora prima. Infine, è seguito il dolce
"Zuccotto semifreddo alla ricotta", accompagnato da
"Passito liquoroso di Pantelleria".
Un doveroso, sentito omaggio al nostro ospite, nonché chef sopraffino Marco, davvero come dissi in un sonetto tempo fa, esperto nella difficilissima arte culinaria. A Marco i complimenti per l’inventiva e l’accostamento dei sapori, la qualità dei cibi e la perfetta tempistica della messa in tavola!
Un doveroso e caloroso ringraziamento anche a Flavio, espertissimo autore di una scelta dei vini che davvero più precisa non avrebbe potuto essere.
La serata si è chiusa con il vostro umile scrivano che ha recitato alcuni dei suoi sonetti romaneschi, con gli altri che ripescavano ricordi di luoghi e situazioni attinenti all’argomento.
Qui sopra Gianfranco segue attentamente la mia lettura, così come
Grazie a tutti gli intervenuti per la splendida serata!
Poesia in dialetto
La fava co’ ’r pecorino
Vojo fa’ la pace co’ l’amica Flo’[1],
che a Pasqua se l’è legata a ’r dito
pe’ l’abbacchio che nun ho diggerito
dopo avello ripassato su ’r falò.
La vojo avverti’ che a ’r mercatino
ho chiesto a Gerardo, er fruttarolo,
e a Romoletto, er pizzicarolo[2],
un quintale de fave e pecorino!
A Roma da tant’anni è tradizzione
che pe’ ’a festa de ’a Libberazzione
e soprattutto, poi, pe’ ’r Primo Maggio
se magneno le fave co’ ’r formaggio
portannoseli a spasso pe’ li prati[3]
e bbevenno er rosso de Frascati!
[1] Per l’amichevole litigio cui faccio qui riferimento, si veda questo post.
[2] Pizzicagnolo.
[3] È tradizione romana, per la festa del 1° Maggio (dopo aver partecipato a quello che una volta era il comizio del sindacato a San Giovanni, oggi sostituito dalla kermesse musicale), fare la "gita fuori porta" con fave e pecorino (e, per la verità, anche altre tante bontà, ma non vorrei riaprire la diatriba con Flo’…)
E…
Buon 25 aprile a tutti!!!
Poesia in dialetto
Er doppo Pasqua
C’ho l’abbacchio che me sartella ’n panza,
manco fusse a li prati de ’r Vivaro[1],
o ’n quarche artra precisa circostanza;
’sto stravizzio lo sto paganno caro!
Sarà l’età che certamente avanza,
ma diggerì’ diventa ’n caso raro:
Pasquetta fori[2] ormai nun è ’bbastanza,
pe’ fatte diggeri’ vvie’ lo stagnaro[3]!
Si cce metti in più, ppoi, la primmavera,
t’ariva ’na gran botta de cecagna[4]
che speri d’arivacce, fino a ssera!
E si ’st’agnello fusse ’ndemognato[5]?
Lo sento che ogni tanto bbela e se lagna…
si mme toccasse d’èsse esorcizzato?
[1] Famosi prati non lontani da Roma.
[2] La famosa gita “fuori porta” di Pasquetta.
[3] Per farti digerire viene l’idraulico.
[4] Stanchezza post-prandiale, il cui sintomo è il calare delle palpebre, da cui la radice del vocabolo.
[5] Indemoniato.
Vi ricordo sempre che è disponibile il mio volume delle poesie in dialetto; cliccarci sopra per accedere alla vetrina…
E anche il volume dei racconti gialli con il commissario Valcorvina…
Ancora fagioli!
le coste co’ la sarza[2], l’invortini,
’n ber fritto de pesce prelibbato,
oppuro du’ beccacce e li crostini?
co’ li tartufi bianchi sopraffini?
Vo’ la vitella o ’n ber fritto dorato?
Vo’ er gallinaccio, vo’ li piccioncini?
funghi porcini, cicorietta all’agro,
e l’anitra ’nzeppata[4] co’ l’olive.
verdure miste, un presciuttino[5] magro…”
“No, porteme[6] ’n ber piatto de facioli!”
Poèsia
Er matrimogno e ‘a frittata de cipolle Da quanno Ernestina s’è sposata Fatto sta che Franchino le cipolle Ernestina oramai a quer brigante che nun è Franchino, ma er fratello;
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Il matrimonio e la frittata di cipolle Da quando Ernestina si è sposata Il fatto è che Franchino le cipolle Ernestina, ormai, a quel brigante che non è Franchino, bensì il fratello; *zi’ prete viene detto in genere per riferirsi |
Nella poesia dialettale romanesca è frequentissima la metafora culinaria… e, quanto al prendere in giro il clero per le sue attività niente affatto corrispondenti al voto di castità, Belli e Pascarella non erano certo secondi a nessuno! Ah, ovviamente la poesia è mia…
Poèsia (in vernacolo)
Er minestrone a la romana e le mi’ nonne
Diceva mi’ nonna, che de nome era Pierina,
che ppe’ ffa’ er minestrone a la romana
ce metteva du’ carote e ‘na zucchina,
poi tajava in due ‘na melanzana,
faceva sarta’ ‘na cipolla co’ ‘n po’ d’ojo
(me riccomanno, quello de frantojo!),
quarche faciolo e quarche pisellino
(quelli li faceva capa’ a mi’ cuggino);
drento la pila, poi, ‘n po’ de facioletti,
quarche costa de sedano e ‘n cavolo,
er tutto tajato a piccoli pezzetti
che sinno’ s’arabbiava er bisavolo.
Pijava poi tre quattro pommidori
li pelava bene bene e li buttava
drento la pila co’ n’ ber po’ d’odori
e si j’annava pure quarche fava!
Apparte faceva coce le patate,
perché quelle le sfragneva fine
pe’ mettele ner brodo, ma passate
ar modo de le vecchie contadine.
Pe’ daje ppiù sapore ar minestrone
ce grattava puro ‘na coccia de limone
così je dava ‘n profumo celestiale
e ‘n sapore gnent’affatto male.
Pe’ cocelo, poi, se riccomannava
er coccio, er metallo lei lo condannava;
a foco basso, nun ze doveva senti’ er zono,
più a lungo stava e ppiù veniva bbono!
E quanno ch’era pronto ne li piatti
‘na bbella sporverata de formaggio
e ‘n filo d’ojo; e noi tutti soddisfatti
ce se buttavamo quasi all’arembaggio!
Così lo faceva nonna Pierina
e l’inzegnò puro all’artra nonna
che ‘nvece de nome era Bettina
e de lei era ‘n po’ più rotonna.
Io je volevo bbene alle mi’ nonne
erano davero du’ grandi donne:
ognuna a modo suo, che sia ben chiaro.
M’hanno ‘nzegnato a nun esse avaro
né de moneta, né de sentimenti;
erano du’ donne bbelle e ‘ntelliggenti;
nun aveveno studiato, ma er monno
lo sapeveno bbene ch’era tonno!
Altre ricette
Visto che qualche giorno fa vi ho propinato ricette a base di pesce, oggi vi faccio venire l’acquolina in bocca con ricette a base di carne, e precisamente: il risotto allo zafferano e il cinghiale al cacao.
Risotto allo zafferano
Ingredienti (per 4 persone)
400 g di riso parboiled per risotti
una bustina di zafferano
mezza cipolla rossa di Tropea o uno scalogno
dal macellaio fatevi dare un po’ di ossi per brodo di bovino adulto e qualcuno fatevelo rompere per tirarne fuori il midollo (ne dovrebbero venire 80/100 g)
una costa di sedano
un pomodoro bello rosso
una carota
una cipolla bianca
burro
sale
Preparazione
Prima di tutto preparate il brodo con il sale, le ossa (non il midollo), il sedano, la carota, il pomodoro e la cipolla bianca. Fatelo bollire tanto (almeno un paio d’ore, se non di più) in modo che venga ben saporito e poi filtratelo. Rimettelo a fuoco bassissimo, in modo che si mantenga caldo.
Tritate finemente la cipolla rossa (o lo scalogno) e mettetela in una casseruola insieme con il burro e un po’ d’acqua; fate imbiondire e poi mettete il riso e tiratelo; aggiungete un mestolo di brodo e continuate a tirarlo. Ogni volta che il riso sta per asciugarsi, aggiungete un mestolo di brodo.
Quando il riso sarà quasi cotto aggiungete la bustina di zafferano e il midollo di bue. Ultimate la cottura e servite immediatamente, con una leggera (anzi, leggerissima) spolverata di parmigiano.
Cinghiale al cacao
Ingredienti (per 6 persone)
2 kg cinghiale (preferibilmente il coscio; se non vi dà fastidio, con la cotenna ma senza peli!)
2 cipolle
2 gambi di sedano
2 carote
4 foglie di alloro
1 manciata di bacche di ginepro
1 cucchiaio di pepe in grani
2 l di vino rosso (che sia bello corposo, meglio se addirittura fruttato)
1 cucchiaio di farina
1 rametto di rosmarino
1 cucchiaino di semi di finocchio
1 cucchiaino di timo
2 cucchiai colmi di cacao
1 cucchiaio di zucchero
1 cucchiaio di uvetta
1 cucchiaio di pinoli
3 cucchiai di aceto balsamico (o, in mancanza, di aceto rosso)
olio extravergine d’oliva
sale
pepe
Preparazione
Frollate la carne per almeno 24 ore in una marinata fatta con un litro e mezzo di vino rosso, una cipolla, una carota, un gambo di sedano tagliato a pezzi grossi, le bacche di ginepro, i semi di finocchio, il timo, il pepe, il rametto di rosmarino e due foglie di alloro. Rivoltate ogni tanto. Questo farà sì che la carne perda l’afrore del selvatico.
Terminata la frollatura, scolate e tagliate la carne a pezzi abbastanza grossi. In un tegame capiente scaldate l’olio con un po’ d’acqua, soffriggete il resto delle verdure tritate finemente finché non imbiondiscono, aggiungete il cinghiale e mescolate spesso su fiamma vivace; soffriggete finchè non è rosolata. Spolverate con la farina e soffriggete ancora girando in continuazione, finchè non inizia ad attaccarsi al fondo del tegame. A questo punto versate il resto del vino e abbassate il fuoco.
Fate cuocere a fiamma bassa per un paio d’ore, girando ogni tanto e aggiungendo un po’ d’acqua (o, meglio ancora, un po’ di brodo avanzato dal risotto), quanto basta per tenere la carne sempre umida. Salate e pepate a piacere.
In un piccolo tegame, a fiamma bassissima, sciogliete lo zucchero e il cacao con l’aceto, aggiungete l’uvetta, i pinoli e acqua, se necessaria, per ottenere un composto quasi liquido. Aggiungete la salsa alla carne; lasciate sul fuoco un paio di minuti, girando molto energicamente, e servite subito. Come contorno consiglio fette di polenta abbrustolite in padella.
Buon appetito! (E fatemi sapere il risultato…)
Un dolce
Tiramisù
Ingredienti (per 6 persone)
6 uova
6 cucchiai di zucchero (colmi)
500 g di mascarpone Granarolo
2 tazze di caffè (volendo decaffeinato, ma con il caffè normale è un’altra cosa…)
pavesini
cacao amaro in polvere
6 vaschette monoporzione per dolci
Preparazione
Separate i tuorli dalle chiare; battete queste ultime a neve fermissima e mettete in frigo a evitare che si smontino. A parte montate i tuorli con lo zucchero; una volta che il composto sarà diventato cremoso, unite a questo le chiare montate insieme con il mascarpone e mescolate il tutto sino a ottenere una crema omogenea (ma senza esagerare, altrimenti le chiare si smontano!).
In ogni vaschetta ponete sul fondo 5-6 pavesini che avrete precedente inzuppato nel caffè, poi versatevi sopra la crema e spolverate col cacao.
Mettete le vaschette in frigo almeno 12 ore prima di consumare per far addensare il tutto.
Note
Lo so, lo so, la ricetta originale prevede i savoiardi, ma credetemi se vi dico che con i pavesini viene molto meglio (e chi l’ha assaggiato in piadineria ve lo può confermare)!
Inoltre, per quanto riguarda il mascarpone, ce n’è una sola marca adatta: quella che ho scritto; le altre non vanno bene, la crema viene troppo liquida e non si addensa mai.
Come al solito, buon appetito e grazie dei commenti!
Un secondo di pesce
Trote alla piccantina
Ingredienti (per 4 persone)
4 trote di torrente di 300 g circa
una scatola di pelati San Marzano
4 spicchi di aglio
prezzemolo
semi di finocchio
100 g di capperi (di Salina o di Pantelleria, mi raccomando!)
100 g di olive nere snocciolate
sale e pepe q.b.
Preparazione
Eviscerate le trote (se non lo sono già) e lavatele per bene in acqua corrente per almeno un’ora, in modo da eliminare ogni residuo di sangue. Una volta che siano ben lavate, asciugatele.
Se i capperi sono sotto sale teneteli sotto un getto di acqua corrente in modo da eliminarlo quasi del tutto.
Preparate, in un tegame bello largo, un soffritto con olio (extravergine di oliva, ça vas sans dire), i quattro spicchi di aglio, un po’ di prezzemolo e qualche seme di finocchio (ricordate sempre di aggiungere un po’ d’acqua all’olio, per evitare che il soffritto bruci ).
Quando l’aglio sarà dorato aggiungete le olive, i capperi e i pelati, salate (attenzione, che i capperi saranno già salati di loro…) e pepate a piacere e fate cuocere i pelati e rapprendere un po’ il sughetto. Una volta che lo sarà, adagiatevi le trote e fatele cuocere, dieci minuti da un lato e dieci dall’altro.
Ponete le trote nei piatti da portata, versandovi sopra il sugo. Guarnite con del prezzemolo tritato.
Buon appetito (resto in attesa dei commenti, come al solito…)