Archive for the ‘roma’ Category
L’inflazione per G.G. Belli
Anche ai tempi del mio amato maestro di cultura romana, G.G. Belli, esisteva l’inflazione… 😉 Questo sonetto venne composto il 25 agosto 1830 nella trattoria Da Peppe er tosto (dove d’altronde venne scritta la maggior parte dei sonetti belliani) e, c’è da giurarci, con davanti un bel piatto di “nervetti”, e mezzo litro di vino con la fojetta… 😉
Tempi vecchi e ttempi novi
Ar zu’ tempo mi’ nonno m’aricconta
che nun c’ereno un cazzo bbagarini, 1
se vedeva ggiucà 2 co li quartini 3
a ppiastrella, e a bbuscetta 4: e mmó sse sconta 5.
L’ova in piazza, s’aveveno a la conta 6
cento a ppavolo e ssenza li purcini 7:
la carne annava a ssedici cudrini
ar mascello 8, e ddua meno co la ggionta 9.
Er vino de castelli e dder contorno
era caro a un lustrino pe bbucale 10
e ott’oncia a bboecco la paggnotta ar forno.
E mmó la carne, er pane, er vino, er zale,
e ll’accidenti, crescheno ’ggni ggiorno.
Ma ll’hai da vede che ffinisce male.
1 Non c’erano affatto bagarini; al tempo di Belli, il “bagarino” era un monopolista di generi commestibili e altri.
2 Si vedeva giocare.
3 Quartino, come i successivi pavolo (paolo), cudrino (quattrino), lustrino (o grosso) e boecco (baiocco) erano tutte monete in corso all’epoca.
4 Piastrella e bucetta erano giochi di strada ai quali si giocava anche a soldi.
5 E adesso ne paghiamo le conseguenze.
6 Si contavano.
7 Senza i pulcini, quindi fresche.
8 Al macello.
9 Due di meno con l’aggiunta: la carne poteva essere “pulita” o “da pulire”, nel qual caso costava di meno, dovendo eliminare lo scarto; va da sé che le classi più misere utilizzavano anche lo scarto…
10 Boccale.
Detti romani – il traffico
In mezzo al traffico c’è il tipico romano arrabbiato che dà una serie di colpi di clacson, inutili perché non c’è proprio spazio per avanzare. Dopo il quarto-quinto colpo di clacson, un tizio su uno scooter davanti a lui (ormai assordato dal frastuono) gli fa: “Ahò, va’ a sona’ in mezzo a le cosce de tu’ sorella, che c’è ppiù traffico!” Variante: “A’ capo, er clacson funziona, mo’ prova ’n po’ li fari!”
Sentita a Porta Maggiore. Al semaforo una macchina in prima fila non parte nonostante sia diventato verde da un po’, e uno da dietro: “A’ moro, c’avemo solo quei tre colori: è uscito er verde, che volemo fa’?”
Sentita sulla Boccea. Un tizio di mezza età a bordo di una 156 rivolgendosi al vecchietto a bordo di una vetusta 600 familiare ferma al semaforo: “Nonno, che aspettamo, che se mette ’n moto l’asfarto pe’ annassene da ’st’incrocio?”
Realmente accaduto in via Nomentana. Un signore alquanto anziano resta immobile con la sua macchina allo scattare del verde e il ragazzo dietro, con una macchinetta sportiva, abbassa il finestrino, si sporge ed esclama: “A’ nonno, guarda che più verde de così nun diventa!”
Via Tiburtina, incrocio congestionato, semaforo che diventa verde e l’auto obsoleta in prima fila che non si muove; da dietro: “Quale cazzo de tinta de verde stai a aspetta’ pe’ leva’ ’sto scallapizzette da la strada?”
Al semaforo di Viale Aventino. Il primo della fila non si decide a partire e quello dietro gli urla: “’Ahò, quann’esci da ’r coma facce ’na telefonata!”
Due tizi su un marciapiede vedono sfrecciare per la strada un motociclista che va per lo meno a 160 km/h. Uno dei due fa all’altro: “Ahò, a quello a l’anagrafe er nome je l’hanno scritto a matita!”
A Roma possono guidare pure i daltonici; come fanno a capire quando il semaforo è verde? Aspettano che quello dietro suoni…
Una Fiat Tipo è ferma al semaforo, dietro c’è una Fiat Uno Fire con la musica a palla. Scatta il verde e la Tipo non parte. Il semaforo ritorna rosso. Riscatta il verde e la Tipo non parte. Allora il conducente della Uno abbassa la musica, scende e fa al conducente della Tipo: “Ahò, quanno esce er colore che te piace se n’annamo?”
Detti romani – la bruttezza maschile
Sei così bbrutto che nun te sorideno manco li sofficini!
Poèsia dedicata al Natale di Roma
Ne ’r 2762° anniverzario de la fonnazione de Roma
l'allasciò: li lasciò
capitorno: capitarono
offenne: offendere
Filastrocca politica
Il sonetto dell'altro ieri, insieme con il post dedicato alle elezioni regionali, e i commenti che ne sono seguiti (soprattutto le risposte in versi di Sabina…) m'hanno ispirato questa filastrocca politico/elettorale…
L'Itaja e le re(a)ggioni sue
De bacetti e de bacioni
so’ cormate le reggioni;
la dovemo da fini’
de vota’ pe’ quelli lì!
Ripartimo da la Puja:
nun ze bbriga e nun ze ’ntruja,
ce sta uno ch’è capace
e che a tutti mo’ je piace;
lo volemo da copia’
pe’ fa’ sì che quelli là
lo capischeno er zistema
e se sbatteno D’Alema?
E pe’ facce un grissino
lo trasformeno Fassino?
E co’ Dario Franceschini
ce facessero F(r)ollini?
Nun parlamo poi de Grillo:
granne comico, lo strillo,
ma pe’ ffa’ er bene de tutti
nun poj fa’ solo du’ rutti…
ché sinnò è da cojoni
(pe’ nun di’ da Berlusconi)
dasse du’ pietrate ’n faccia
e ppoi di’ “porca bojaccia!”
Tu lo sai come la penzo:
pe’ le donne c’è er bonzenzo,
pe’ li maschi er predomignio
ch’equivale all’assassignio.
E perciò la butto là:
ho votato quella là,
nun è eletta? nun m’emporta,
ma nun voto pe’ ’na morta,
una ch’è solo capace
d’ariccojese a Storace
e de fa’ cresce l’iscritti
co’ ’r reggistro dei delitti…
Epperciò, cara Sabbina,
er Mauretto t’addotrrina
puro si nun c’hai bbisogno;
la politica è un zogno,
ma pe’ esse un zogno vero
ha da esse assai sincero,
e lo ponno da sogna’
quelli che lo sanno fa’:
né maschioni né vveline,
ma perzone sopraffine,
senza inzurti e paraffine,
e né coche e né morfine.
Ecco qua, ho detto tutto,
nun me vesto mo’ a lutto;
quello che in futur sarà
lo vedrà chi ancor vivrà.
Ma l’idea nun po’ mori’
si hanno vinto quelli lì;
toccherà lotta’ ’n ber pezzo,
ma ’n ber zogno accarezzo:
che ’sto cacchio de Paese
regga ancor quarch’artro mese
e poi manni a casa tutti,
dai cojoni ai farabbutti…
Il dialetto romano
Ho riportato qualche tempo fa in questo post parte dell'introduzione del mio libro A Roma, con alcune considerazioni sul dialetto della capitale. Recentemente, un'amica di blog mi ha chiesto di scrivere qualcosa sull'ortografia, la grammatica e la sintassi del nostro dialetto. Posto che un simile compito attiene più a un libro che a un post, nondimeno non mi tiro indietro, ed ecco, sempre dall'introduzione allo stesso mio libro, alcune regolette semplici semplici per l'ortografia e la grammatica, utili anche a leggere (evitando grossi strafalcioni…) i miei sonetti.
ma
il cielo
diventa er cielo e si pronuncia normalmente come in italiano.Anche la sillaba ci ha un suono abbastanza scivolato rispetto a quello che ha in italiano, ma non è mai scritta “sci”:
ci stava diventa cce stava.
questa casa => ’sta casa
Si noti che davanti alla lettera “z” il romano usa spesso l’articolo “er”, dato che la z è sempre aspra, diversamente dall’italiano; così
lo zucchero diventa er zucchero
lo zibibbo => er zibibbo
ma
lo zio rimane invece ’o zzio
Cambio di “s” con “z”
in salamoia => in zalamoia
Sonetto in dialetto
L’urioni e li quartieri de Roma
Centro, Parioli, Monti e Nomentano,
Cassio, Flamigno, Appio, Esquilino,
Garbatella, Prati, Eure, Aventino,
Marconi, Trionfale e Labbicano;
Don Bosco, Monte Sacro, Casilino,
Testaccio, Aurelio, Marzio e Tuscolano;
Lido, Preneste, Ostienze, Nomentano,
Celio, Trieste, Claudio e Alessandrino;
Trestevere, Quadraro, Portuenze,
Salario, Centocelle e Vittoria;
Talenti, Coppedè e Gianicolenze.
Senza secoli e secoli de storia
’ste rime qui sarebbero melenze,
me parebbero ’na ggiaculatoria…
I rioni e i quartieri di Roma
Centro, Parioli, Monti e Nomentano,
Cassio, Flaminio, Appio, Esquilino,
Garbatella, Prati, Eur, Aventino,
Marconi, Trionfale e Labicano;
Don Bosco, Monte Sacro, Casilino,
Testaccio, Aurelio, Marzio e Tuscolano;
Lido, Preneste, Ostiense, Nomentano,
Celio, Trieste, Claudio e Alessandrino;
Trastevere, Quadraro, Portuense,
Salario, Centocelle e Vittoria;
Talenti, Coppedè e Gianicolense.
Senza secoli e secoli di storia
queste rime qui sarebbero melense,
mi sembrerebbero una giaculatoria…
Neve!
Casca la neve a Roma, fiocca, fiocca!
Sto su ‘r barcone e si la guardo scenne,
paro Babbo Natale fra le renne!
A vedella me se ggira la brocca…
Me ricordo quei tempi mo’ lontani:
a Praga, la neve era cosa seria
no come qua, che ne fa ‘na miseria!
Se bagnaveno a tutti i deretani
scivolanno pe’ le strade ghiacciate;
de neve ne cascava a cartocciate
e ghiacciava… Tutti li regazzini
tiraveno fòri sci e slittini;
sotto casa era ‘no stadio de ‘r ghiaccio,
e drento: vino cotto e castagnaccio!
Cade la neve a Roma, fiocca, fiocca!
Sto sul balcone e se la guardo scendere,
sembro Babbo Natale fra le renne!
A vederla mi gira la testa…
Mi ricordo quei tempi ora lontani:
a Praga, la neve era cosa seria
non come qua, che ne fa una miseria!
Si bagnavano a tutti i deretani
scivolando per le strade ghiacciate;
di neve ne cadeva a bizzeffe
e ghiacciava… Tutti i ragazzini
tiravano fuori sci e slittini;
sotto casa era uno stadio del ghiaccio,
e dentro: vino cotto e castagnaccio!
A ‘na carissima amica!
A ’r compreanno de Flo
Pe’ ’r compreanno de l’amica Flo
se semo aritrovati tutti quanti
pe’ faje tanti auguri artisonanti:
Paolo, che da ’r traghetto sbarcò,
Stefania, Paola, Arberto co’ Sabbina
e Sirvia, e Mauro e Maria Grazzia e Flavio
(che sta mommo’ pe’ porta’ er laticravio)
e ’nfine mastro Bbruno e Simoncina…
De regali n’ha ricevuti tanti,
pe’ tutti s’è mostrata ’n po’ commossa:
te credo, ereno gatti a sprofusione!
Chi nun lo sapesse, pe’ quei birbanti
Flo scatena ’gni ggiorno ’na sommossa,
’n’insurezzione e ’na rivoluzzione!
Quartina d’aggiunta…
Oddio, me so’ scordato Enzino caro!
Er compare che mme sta sempre appresso,
che collezziona l’opere mie da ossesso..
Che te vojo bbene qui lo dichiaro!