Archive for the ‘valcorvina’ Category
Incendio nel parco – 10
Il giorno dopo, si ritrovano tutti nell’ufficio del questore, in attesa dell’arrivo della moglie dell’antiquario assassinato.
– Molto probabilmente lo sa la vedova, vero signora? – Continua, girandosi verso la donna seduta su una scomoda sedia di legno scuro che le fa quasi da gabbia, cingendole i fianchi. La donna non lo degna nemmeno di uno sguardo, fissando un angolo vuoto della stanza.
Subito dopo, il questore chiama a sé Luca:
– Commissario Valcorvina! Questa è stata… è vero, come si dice… una ciliegina sulla torta della sua carriera. Le farà piacere sapere che, in seguito a proficui contatti con il ministro degli Interni, ho sulla mia scrivania la lettera con la sua… è vero, come si dice… nomina a commissario capo! E le assicuro che ho tutta l'intenzione di firmarla, appena tornato in ufficio!
– Eccellenza, io ringrazio infinitamente lei e il ministro per la considerazione – gli risponde Valcorvina –, ma non sono sicuro di poter accettare… Vede, il mio lavoro, quello che mi piace, è sul campo, e una nomina a commissario capo vorrebbe dire un lavoro più amministrativo che di indagine vera e propria…
– Come al solito, Valcorvina, ha ragione lei, ma… è vero, come si dice… mi prometta che ci penserà…
– Non dubiti, Eccellenza, non dubiti! – E, preso di nuovo sottobraccio Mimì, si allontana con lui, sussurrandogli:
– E che, sono scemo? Commissario capo… figurati! Tutto il giorno a colloquio con Lattes e mieles…(*)
(Fine)
(*) Questo è il soprannome del questore, che in realtà si chiama Lattes, come sicuramente ricorderete da uno dei racconti precedenti…
Incendio nel parco – 9
(Continua)
(*) Per chi non è addentro al linguaggio carcerario: “superiore” è l'appellativo che tutti i detenuti sono obbligati a utilizzare quando si rivolgono alle guardie…
Incendio nel parco – 8
Dopo una passeggiata che a Valcorvina sembra essere durata un’intera vita, finalmente giungono di fronte a una porta sulla quale c’è un cartello “Sala colloqui”. Arrivati lì di fronte, la guardia carceraria si arresta e fa:
Incendio nel parco – 7
Per le semideserte vie di Ostia l’umidità, in questo periodo dell’anno, è talmente densa da potersi tagliare con il coltello; ed è proprio questa la sensazione dei due, mentre si avvicinano a un anonimo villino, dall’intonaco esterno mezzo cadente, che si affaccia proprio sul lungomare. Il cielo si sta oscurando, e completa così una giornata che va peggiorando di ora in ora.
(*) Vedi il precedente racconto Valcorvina e il mistero del centro benessere.
Incendio nel parco – 6
(Continua)
Incendio nel parco – 4
(Continua)
Incendio nel parco – 3
– Non è che l'architetto mi avverte quando c’è o quando non c’è… – brontola, in risposta alla domanda di Valcorvina.
(Continua)
Colgo l'occasione per ricordare a chi fosse interessato il primo volume dei casi del commissario Valcorvina. Cliccare sull'immagine per accedere al sito dove può essere acquistato…
Incendio nel parco – 2
(Continua)
Incendio nel parco – 1
(Continua)
Valcorvina e il mistero del centro benessere – Cap. 9° (Fine)
Capitolo 9°
Luca sta freneticamente ricercando dati, contattando la ditta di riparazione tedesca. Un interprete della polizia lo aiuta, mentre è in videoconferenza con il direttore della società e il capo della polizia di Colonia. Questa tecnologia a volte è complicata, ma utile: sulla metà bassa del monitor vede l’anziano titolare della ditta che gli sta dicendo di avere cambiato alcuni tecnici nell’ultimo anno, uno era particolarmente brillante, un vero genio dell’elettronica che si è ritirato per problemi di salute. Arriva un fax con i nomi delle persone licenziate, mentre il collega tedesco propone di fare una ricerca con gli archivi dell’esercito e gli dice che lo contatterà a breve. La parte superiore del monitor diventa blu, mentre saluta il direttore ringraziandolo.
Rinaldi, presente in fondo alla sala assieme ad Alberghetti e al vicequestore, chiama Valcorvina.
– Perché un controllo con l’esercito tedesco?
Luca si gratta la testa, poi con calma risponde ai tre:
– Capita a volte che ex militari si ritrovino per la strada senza un lavoro e che si dedichino poi alle più svariate professioni per tirare a campare…
In quel momento si riaccende il collegamento con la Polizia tedesca, la grossa faccia del poliziotto riempie lo schermo.
Un fax con una lista di nomi di militari del genio congedati giunge subito in mano al commissario, che ringrazia il collega d’oltralpe salutandolo con una mano.
– Ecco vedi… quattro nomi, tutti reduci delle forze speciali europee mandate alla fine della guerra in ex Jugoslavia, due di Colonia… uno abitante in Einsteinsstraße come la vittima… cazzo!
Stefano guarda il fax, incredulo.
– Un vicino di casa del dottor Tanenbaum? Ma cosa ci faceva qui, per la miseria?
– Una vendetta, caro mio, ho un’idea in proposito ma prima vediamo con chi abbiamo a che fare.
Pigiati un paio di tasti sul portatile Valcorvina accede a un database della Polizia tedesca in cui trova una foto del colpevole…
– Eccolo… Clementis Kurt, quarant’anni, ingegnere elettronico, massimo punteggio di laurea, penso che abbia avuto dei problemi con il vecchio dottore quando era a capo dell’azienda in cui anche il nostro assassino lavorava… forse l’ha licenziato per problemi di cui non so dirvi e magari lui è venuto qui per vendicarsi.
– Ma Luca, perché adesso, dopo anni?
– Non lo so, ma mi piacerebbe sapere di più cos’è successo nell’ex Jugoslavia…
– Diramo la fotografia e la descrizione a tutte le forze dell’ordine, forse riusciamo a prenderlo!
…
Clementis torna in albergo, è molto stanco. Ormai le medicine non gli fanno più effetto e deve coricarsi sempre molto presto. Prende degli antidolorifici, poi finisce di preparare la valigia e se ne va a dormire. La vendetta è compiuta, il bastardo è eliminato, ha finito di trattare la gente come schiavi. Ricorda il tempo in cui collaborava al reparto ricerca e di come Tanenbaum si sia preso tutti i meriti sulle sue scoperte e poi licenziarlo per non dovergli riconoscere parte dei diritti. Poi il periodo di disoccupazione, la Jugoslavia, la malattia… L’uomo piomba in un sonno agitato da tutti questi incubi.
La mattina successiva Valcorvina cerca di mettersi in contatto con la base dell’esercito dov’era arruolato Clementis, ma non riesce a parlare con nessun ufficiale superiore, i canali sono sbagliati e anche se siamo nell’Unione europea gli eserciti rimangono sempre posti di difficile consultazione.
…
In centrale arriva Stefano, a braccetto con la cugina appena dimessa dall’ospedale.
Katia gli si avvicina e lo abbraccia dandogli un bacio sulla guancia: – Grazie commissario, mi ha salvato la vita!
Valcorvina, arrossendo, le prende una mano.
– Lui non voleva farle del male, forse all’inizio ce l’aveva con lei, ma poi ci ha ripensato, è stata molto fortunata.
La donna lo guarda e a bassa voce gli chiede quando è previsto il funerale dell’agente.
– Nei prossimi giorni, è stata una grande perdita, era davvero un bravo ragazzo e un ottimo poliziotto. Non si preoccupi ora, Katia, penso sia finita.
…
Clementis, in mano un piccolo trolley, giunge in autobus all’aeroporto Cristoforo Colombo di Fiumicino, dove si accinge a fare il check-in con una linea low cost. Tutti gli impiegati hanno le foto segnaletiche nel computer e, al momento della stampa della carta d’imbarco, l’impiegata che lo sta servendo invia una mail alla polizia aeroportuale con i dati della persona e l’avviso che molto probabilmente è lui.
Non si è nemmeno presentato con un’identità falsa, non gli interessa più. Porta un giubbetto jeans sopra una camicia azzurra, sotto l’ascella una pistola di cui dovrà liberarsi, prima di salire sull’aereo.
Decide di andare a fumarsi una sigaretta all’esterno. Esce e si appoggia a un automobile parcheggiata fuori delle strisce. Un vigile si avvicina alla vettura, controllando tutte quelle fuori dalle linee di parcheggio. Ha in mano la copia della foto dell’assassino, la sta studiando. Poi arriva vicino all’uomo alto che sta fumando:
– Senta, lei! Veda di spostare subito quest’automobile altrimenti sono costretto a farle una contravvenzione.
Clementis si gira, sta sudando, la febbre è di nuovo alta, suda copiosamente:
– Va bene agente, me ne vado subito.
– Fermo! – Il vigile, che l’ha riconosciuto dalla foto segnaletica, estrae la piccola pistola dalla fondina bianca e gliela punta addosso.
Il tedesco alza lentamente le mani sempre sorridendo; il vigile lo perde un attimo di vista per comunicare via radio, ma in quel momento Clementis estrae la sua pistola, sorridendo. L’agente, però, è più veloce e spara centrandolo in mezzo agli occhi.
Clementis cade a terra, gli occhi sbarrati, sempre sorridendo.
Il vigile si blocca, appena resosi conto di cos’è successo; la pistola d’ordinanza, lasciata libera dalle mani tremanti, cade a terra.
Arrivano altri agenti con le armi in pugno. Un corpo giace riverso a terra, la testa girata verso ovest, gli occhi ciechi verso il pallido sole del mattino.
Alcuni giorni dopo il commissario si reca in obitorio, dove il dottor Bianchetti ha appena concluso gli esami autoptici.
– Il Clementis era affetto da una grave forma di tumore polmonare metastatizzato a causa di esposizione a radiazioni, se non l’avesse freddato il vigile urbano sarebbe morto nel giro di pochi mesi.
Ringraziando il medico legale, Luca torna sui propri passi, aveva ragione anche questa volta: l’ex Jugoslavia, dove i proiettili ad uranio impoverito hanno fatto strage di militari… questo ha avuto solo un fisico più forte ed è durato di più, nient’altro. Sapendo di dover morire, ha voluto vendicarsi, poi, ottenuto il suo scopo, si è lasciato andare…
Triste storia, veramente.
Con un balzo siede accanto a Vacchetta sul sedile della vecchia Alfetta blu che, pur se un po’ tossendo, prontamente lo riporta verso Roma.
Nuvoloni scuri si stanno addensando sulla capitale, forse pioverà stanotte.
(Fine)