matemauro

Di matematica ma non soltanto…

Archive for settembre 2008

Le donne

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donne

"Le donne provano la temperatura del ferro da stiro toccandolo. Brucia ma non si bruciano. Respirano forte quando l’ostetrica dice "non urli, non è mica la prima". Imparano a cantare piangendo, a suonare con un braccio che pesa come un macigno per la malattia, a sciare con le ossa rotte. Portano i figli in braccio per giorni in certe traversate del deserto, dei mari sui barconi, della città a piedi su e giù per gli autobus. Le donne hanno più confidenza col dolore. Del corpo, dell’anima.

È un compagno di vita, è un nemico tanto familiare da esser quasi amico, è una cosa che c’è e non c’è molto da discutere. Ci si vive, è normale. Strillare disperde le energie, lamentarsi non serve. Trasformarlo, invece: ecco cosa serve. Trasformare il dolore in forza. Ignorarlo, domarlo, metterlo da qualche parte perché lasci fiorire qualcosa. È una lezione antica, una sapienza muta e segreta: ciascuna lo sa."

Questo è l’attacco di un bellissimo articolo di Concita De Gregorio su l’Unità di oggi. Il brano è tratto dall’introduzione del suo libro Malamore, che raccoglie storie di donne violentate, in tutti i sensi, di oggi e di ieri. Per chi volesse leggere l’intero articolo, che raccomando vivamente ai miei amici e alle mie amiche, questo è il link (fate clic col pulsante destro del mouse e scegliete "salva con nome" o qualcosa del genere).

C’è una domanda in questo articolo che mi risuona nella testa da stamani: "A cosa servono le femmine?" O, direi forse meglio: "Qual’è la specificità femminile, in che modo è diversa da quella maschile?" E perché questa specificità viene spesso (non direi sempre più spesso, le violenze ci sono sempre state, ma oggi siamo forse più sensibili di ieri) violata e violentata? E qual è il modo in cui possiamo superare questo dualismo, per non chiamarlo contrapposizione di genere? È l’analogo della contrapposizione di censo tra ricchi e poveri? O è qualcosa di più profondo, di più intimamente connesso con i ruoli che secoli di dominazione maschile hanno imposto sulla società? È noto che molte società dei tempi antichi erano sostanzialmente matriarcali, altre patriarcali, altre ancora mettevano uomini e donne sullo stesso piano, pur attribuendo a ogni sesso ruoli diversi e distinti, ma parimenti importanti, direi essenziali alla civile convivenza. E oggi? E nel futuro? Insomma, un articolo che, partendo da considerazioni di tutt’altro genere, mi ha portato a riflessioni tutt’altro che banali…

E voi? Cosa ne pensate?

Written by matemauro

30-09-2008 at 14:49

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Aiutiamo i nostri amici felini

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L’amica passatorcortese chiede aiuto per una colonia di nostri amici; come possiamo rimanere sordi? Cliccate qui e vedete come potete essere utili. Grazie!

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29-09-2008 at 15:22

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Per un anno d’amore…

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Ci vuole molto talento per esser vecchi senza essere adulti…

Buon compleanno AMORE MIO, buon compleanno!!!

mess

"Le parole che non ti ho detto" cercale e le troverai…

tulip

flut

Written by matemauro

29-09-2008 at 10:04

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Victor Jara

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Víctor Lidio Jara Martínez (San Ignacio, 28 settembre 1932 – Santiago del Cile, 16 settembre 1973) è stato un cantautore, musicista e regista teatrale cileno.

Victor Jara nasce da una famiglia di contadini. Dopo alcuni anni di matrimonio, suo padre li abbandona e la madre, Amanda, si ritrova a crescere da sola Victor e i suoi fratelli e sorelle. È una donna ottimista e molto forte: lei stessa cantante, insegna a cantare e a suonare la chitarra anche a Victor, e avrà una grande influenza sul suo futuro stile musicale. Amanda muore quando Victor ha solo 15 anni: egli allora entra in seminario, ma dopo soli due anni ne esce per andare ad arruolarsi nell’esercito, dove rimane per alcuni anni. Al suo ritorno a Loquen, inizia a studiare la musica popolare cilena e ad interessarsi di politica. Le sue canzoni sono piene d’amore per il suo popolo, ritratto come semplice e gran lavoratore: molte di esse sono attacchi contro le ingiustizie sociali e gli scandali politici. Victor è elemento portante del movimento musicale conosciuto come Nueva Canción Chilena, coinvolto in molte attività progressiste.

Svolge anche un’intensa attività teatrale: nel 1960 mette in scena come regista La Mandragola di Machiavelli e successivamente passa ad autori come Bertolt Brecht, Raul Ruiz, Alessandro Sieveking, Peter Weiss. Nel 1961 come direttore artistico lavora in Olanda, Francia, Unione Sovietica, Cecoslovacchia. Nello stesso anno conosce la futura moglie, Joan Turner. Nelle elezioni presidenziali del 1970 si schiera per Salvador Allende, dando concerti in favore dei suoi ideali politici.

La campagna di Allende è un successo ma l’11 settembre (un altro!) 1973 il neo presidente viene destituito da un colpo di stato organizzato dai militari con il concorso della Cia. Nel corso dei rastrellamenti di quei giorni, anche Victor viene arrestato. Dopo alcuni giorni di prigionia viene portato, assieme a centinaia di altri prigionieri politici, nello stadio nazionale di Santiago del Cile. Lì i militari stanno torturando i prigionieri: spezzano le mani di Victor e lo deridono, esortandolo a cantare le sue canzoni. Nonostante le torture, Victor intona la canzone del Partito di Unità Popolare, e viene brutalmente ucciso a colpi di pistola. Sua moglie Joan viene condotta davanti al suo corpo massacrato e ha solamente il tempo di organizzare il funerale e la sepoltura, prima di lasciare segretamente il paese, portando con sé alcuni nastri con la musica del suo Victor. Oggi le sue canzoni, politicamente impegnate e così intensamente umane, sono ricordate ed amate in tutto il mondo.

Te recuerdo Amanda

Te recuerdo Amanda,
la calle mojada,
corriendo a la fabrica
donde trabajava Manuel.

La sonrisa ancha,
la lluvia en el pelo,
no importaba nada,
ibas a encontrarte
con el, con el, con el, con el, con el.

Son cinco minutos,
la vida es eterna en cinco minutos.
Suenan las sirenas, de vuelta al trabajo
y tu, caminando lo iluminas todos,
los cinco minutos, te hacén florecer.

Te recuerdo Amanda,
la calle mojada
corriendo a la fabrica
donde trabajava Manuel.

La sonrisa ancha,
la lluvia en el pelo,
no importaba nada,
ibas a encontrarte
con el, con el, con el, con el, con el,

que partió a la sierra,
que nunca hizó nada,
que partió a la sierra
y en cinco minutos
quedó destrozado.

Suenan las sirenas,
de vuelta al trabajo,
muchos no volvieron,
tampoco Manuel.

Te recuerdo Amanda,
la calle mojada,
corriendo a la fabrica
donde trabajava Manuel.

Ti ricordo Amanda

Ti ricordo Amanda
la strada bagnata
mentre correvi alla fabbrica
dove lavorava Manuel.

Il sorriso aperto
la pioggia nei capelli
non importava niente
correvi a incontrarti
con lui con lui con lui con lui con lui.

Sono cinque minuti,
la vita è eterna in cinque minuti
suonano le sirene, si torna al lavoro
e tu camminando li illumini tutti,
quei cinque minuti ti hanno fatto fiorire.

Ti ricordo Amanda
la strada bagnata
mentre correvi alla fabbrica
dove lavorava Manuel.

Il sorriso aperto
la pioggia nei capelli
non importava niente
correvi a incontrarti
con lui con lui con lui con lui con lui,

che partì per la montagna
che non aveva fatto niente
che partì per la montagna
e in cinque minuti
è morto strangolato.

Suonano le sirene
di nuovo al lavoro
molti non tornarono
neanche Manuel.

Ti ricordo Amanda
la strada bagnata
mentre correvi alla fabbrica
dove lavorava Manuel.

Written by matemauro

28-09-2008 at 22:42

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Ciao, Paul!

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newman

"Un uomo con il cuore di un ragazzo."

Così l’ha definito in una recente intervista Meryl Streep.

Ciao Paul, ma anche ciao Rocco Barbella, alias Rocky Graziano (Lassù qualcuno mi ama), ciao Ben Quick (La lunga estate calda), ciao Brick Pollitt (La gatta sul tetto che scotta), ciao Ari Ben Canaan (Exodus), ciao Eddie Felson (Lo spaccone), ciao Chance Wayne (La dolce ala della giovinezza), ciao Andrew Craig (Intrigo a Stoccolma), ciao Michael Armstrong (Il sipario strappato), ciao Nick Jackson (Nick mano fredda), ciao Butch Cassidy (nell’omonimo film), ciao Henry Gondorff (La stangata), ciao Doug Roberts (L’inferno di cristallo), ciao William Cody (Buffalo Bill e gli indiani), ciao Reggie Dunlop (Colpo secco), ciao Essex (Quintet), ciao Murphy (Bronx, 41° distretto di polizia), ciao Michael Gallagher (Diritto di cronaca), ciao Frank Galvin (Il verdetto), ciao Harry Keach (Harry & son), ciao Eddie Felson ritrovato (Il colore dei soldi, unico Oscar, maledetta Hollywood!), ciao Sully Sulliv (La vita a modo mio), ciao Dodge Blake (Le parole che non ti ho detto), e infine ciao John Rooney (Era mio padre).

Written by matemauro

27-09-2008 at 21:26

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Poèsia – Aggiunta pe’ li suvve

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Aggiunta pe’ li suvve

Scrivevo giorni fa dei machinoni,
li suvve so’ chiamati, ve dicevo
ch’a me me pareno dei gran cafoni
che ce riportano quasi ar Medioevo.

Mo’ è successo però un fatto strano
a ‘n’amico che c’ho lassù a Milano:
ner mentre che girava pe’ Marziglia
ha rischiato quasi de fini’ in portiglia.

Un camionista ‘mbriaco a ‘n’incrocio
nun ha visto er rosso e ha tirato dritto;
ner suvve s’è infilato a capofitto,
‘sto camionista che direi ‘n po’ frocio!

A quell’amico mio j’ha detto bene,
‘na spalla e ‘na cianca c’ha fratturate,
ma potrà passa’ ancor notti serene
come quelle che co’ Laura ha passate.

Inzomma, n’aggiunta me tocca da fa’
a quella poesiola ch’avevo detto:
nun è ch’er suvve è sempre maledetto,
quarche vorta po’ da’ immunità!

Postilla per i Suv

Qualche giorno fa scrivevo dei macchinoni,
Suv li chiamano, e vi dicevo
che chi li conduce a me sembra un gran cafone
che ci riporta quasi al Medioevo.

È successo però un fatto particolare
a un mio amico di Milano:
mentre girava a Marsiglia
ha quasi rischiato di finire in poltiglia.

Un camionista ubricaco a un incrocio
non ha visto il rosso e ha tirato dritto;
si è infilato nel Suv del mio amico,
questo camiomista forse un po’ checca!

All’amico mio ha detto bene,
una spalla e una gamba fratturate,
ma potrà passare ancora notti serene
come quelle che ha già passato con Laura.

In conclusione, mi tocca fare una postilla
a quella poesiola che avevo scritto:
non è che il suv sia sempre maledetto,
qualche volta ci dà immunità!

Written by matemauro

27-09-2008 at 15:07

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George Gershwin

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Jacob Gershowitz, in arte George Gershwin (Brooklyn, 26 settembre 1898 – Hollywood, 11 luglio 1937), è stato un compositore, pianista e direttore d’orchestra statunitense.

Jacob Gershowitz era il secondo di quattro figli di una coppia di ebrei russi immigrati negli Stati Uniti. Nel 1910 i genitori acquistarono un pianoforte per le lezioni di musica del primogenito Israel. Ma ben presto il dodicenne Jacob si impossessò dello strumento, che suonava ad orecchio, dando prova di grande talento. Prese lezioni per un paio d’anni da vari insegnanti, fino a quando non gli venne presentato Charles Hambitzer, che divenne il suo mentore. Hambitzer gli insegnò la tecnica convenzionale, gli fece conoscere i maestri europei e lo incoraggiò ad andare ai concerti delle orchestre. Dopo tali concerti, il giovane Gershowitz cercava di riprodurre alla tastiera la musica che aveva ascoltato. Successivamente studiò con il compositore classico Rubin Goldmark.

Cambiò nome in George Gershwin quando cominciò a lavorare come pianista e compositore. A quei tempi era una pratica diffusa nel mondo dello spettacolo: molti immigrati adottavano uno pseudonimo che suonasse più "americano", per semplicità di pronuncia (a volte, anche per nascondere le proprie origini). Anche il fratello maggiore Israel, attivo come paroliere, cambiò nome in Ira Gershwin.

Nel 1920 il direttore d’orchestra Paul Whiteman gli chiese di comporre un brano strumentale per la sua band. Fu così che nacque Rapsody in blue. Il pezzo fu eseguito per la prima volta il 12 febbraio 1924, nel concerto di Whiteman e la sua jazz band alla Aeolian Hall di New York: fu un enorme successo.

Tra il 1925 e il 1928 scrisse successivamente il Concerto in Fa per piano e orchestra, i Preludi per Piano e An American in Paris. Nonostante la scarsa esperienza del compositore con generi così legati alla cultura musicale europea, i pezzi furono applauditi da subito con straordinario entusiasmo.

Nel 1928 i fratelli Gershwin fecero un viaggio a Parigi. L’esperienza li pose in contatto con gli ambienti dell’avanguardia musicale (anche se non spinta fino all’eccesso della dodecafonia e dell’atonalità) e ispirò George, che vi compose, appunto, Un americano a Parigi.

Nel 1933 George e Ira iniziarono a lavorare a un grande progetto: portare in scena l’operetta Porgy and Bess. L’opera, ambientata nella Carolina del sud, narra la storia di Porgy, un mendicante che, avendo perso l’uso delle gambe viene trainato con una carrozzina da una capra, si è innamorato di Bess, la ragazza di uno scaricatore di porto. Per la partitura, i due fratelli composero arie diventate poi celeberrime, come Summertime (cantata nel video in testa da Ella Fitzgerald e Louis Armostrong), I Got Plenty of Nothin’, I Love You Porgy e It Ain’t Necessarily So.

Il principale motivo per cui le composizioni di Gershwin sono ancora apprezzate è la loro promiscuità: esse combinano elementi che dimostrano grandi conoscenze delle tecniche classiche, come la fuga e svarati cambi di tonalità, con le sonorità tipiche della musica popolare e, in particolare, del jazz.

In poco più di vent’anni, George Gershwin compose oltre 700 canzoni. Quasi tutti suoi brani sono stati ripresi da grandi artisti come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Louis Armstrong, Judy Garland, Frank Sinatra, Janis Joplin e Sting.

Written by matemauro

26-09-2008 at 15:11

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Spigolature

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Spigolature

Il giorno 20 settembre, presso Porta Pia a Roma, si è svolta una manifestazione. "Beh," penserete voi, "sai che novità, tutti gli anni si ricordano la famosa breccia, i bersaglieri (peraltro, proprio per questo avvenimento tanto amati dai romani), il papa che si rifugia dentro il suo staterello dal quale uscirà soltanto parecchi anni dopo, insomma, nulla di nuovo…" E invece no, stavolta la manifestazione, presieduta nientepopodimenoché dal delegato di Alemanno, il vicesindaco Cutrufo (con tanto di fascia tricolore a cingere la sua prominente epa), è servita a ricordare e compiangere i poveri zuavi francesi che difendevano le proprietà (terrene) del papa. E dunque, oltre alla memoria mussolinana e repubblichina ci tocca pure sorbirci la rievocazione del potere temporale dei papi… Immaginate se Letizia Moratti decidesse domani di celebrare non gli insorti delle Cinque Giornate di Milano, non il federalista (!) Carlo Cattaneo, ma il generale Radetzky, che represse nel sangue i moti unitari (oltre mille condanne a morte). D’altronde, Bossi e i suoi intonano "Va’ pensiero" non sapendo (da ignoranti quali sono) che Verdi, proprio mentre componeva il Nabucco, scriveva a un amico: l’Italia "dovrà essere libera, una e repubblicana".

 


 

Parma, Italia. Meno di 200.000 abitanti. Sindaco e giunta di centro-destra. Siccome il traffico incombe sulle città piccole come su quelle grandi, il sindaco fa una bella pensata: la metropolitana! Sì, avete capito bene: proprio il metrò! E che, Parma può forse essere da meno di Milano, Roma, Londra, Parigi o New York? Non conta che la città in bicicletta si attraversi in mezz’ora, contano gli affari e la metropolitana ne genererà parecchi, che importa se stravolgendo il centro storico. Come se decidessero di far passare un’autostrada sopra al Colosseo a Roma o a Piazza delle Erbe a Verona. Ovviamente il sindaco ha negato ai cittadini la possibilità di un referendum, hai visto mai che votassero contro… Alla metropolitana hanno rinunciato, per scarsa economicità, città del calibro di Zurigo (un milione di abitanti) e Ginevra (700.000), ma Parma no, scherziamo? Nella settimana che ha minacciato di abbattere Wall Street, Paul Volker, ex presidente della Federal Reserve (la banca centrale degli Usa), ha invocato la creazione di un organismo di controllo che "vigili sugli investimenti non produttivi e non urgenti, misurando piani d’opera e ricadute sulle disponibilità finanziarie pubbliche per non addossare alla comunità i disastri della mala conduzione". Il pragmatismo americano conferma il pragmatismo degli amministratori svizzeri. Parma a quale cultura appartiene? Alla civiltà mediterranea del ponte di Messina, fa sapere Berlusconi. Costruire, incassare… e per i debiti qualcuno pagherà. Paghiamo sempre noi, come per Alitalia.

Written by matemauro

25-09-2008 at 14:03

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Ciceruacchio

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ciceruacchio2

Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (Roma, settembre 1800 – Porto Tolle, 10 agosto 1849) carrettiere, forse oste, gonfaloniere del rione di Campo Marzio e, come forse ebbe a dire lui stesso, a tempo perso "uomo e italiano". Il soprannome ciceruacchio è una corruzione dell’originale romanesco ciruacchiotto, in italiano "grassottello", datogli da bambino.

Era figlio di un maniscalco, popolano autentico di carattere vivacissimo e di notevole intelligenza. Era notissimo nella zona del porto di Ripetta, sulla riva sinistra del Tevere e pare che gestisse anche una taverna nei pressi di Porta del Popolo. Di carattere brillante e molto socievole, era beneamato dal popolo romano. Grazie alla sua innata capacità dialettica che non poté mai coltivare con l’istruzione, divenne presto un rappresentante informale dei sentimenti popolari. Era un cattolico osservante, ma aveva aderito alla Carboneria nel 1828 e cinque anni dopo si era affiliato alla Giovane Italia.

Distintosi fra i sostenitori di Pio IX nel periodo liberale del suo pontificato, fece presto a dissociarsi dal papa quando diede al suo pontificato un carattere reazionario antipopolare. Nel 1846 si schierò dalla parte degli ebrei quando venne consentito loro di esercitare le attività commerciali anche fuori dal ghetto e partecipò di persona all’abbattimento del muro che chiudeva il ghetto stesso. Ma quando, alla fine del 1847 e agli inizi dell’anno successivo, gli elementi più retrivi della corte presero il sopravvento, ispirando dure misure antipopolari, Ciceruacchio si schierò apertamente contro la Curia e divenne un punto di riferimento per tutti gli anticlericali. È facile perciò comprendere quale sia stato l’atteggiamento di Ciceruacchio durante la breve esperienza della Repubblica Romana del 1849. Egli organizzò trasporti di armi e munizioni per i difensori della Repubblica e si preoccupò di far passare, attraverso le maglie dell’assedio che stringeva Roma, bestiame e cibi per la popolazione affamata.

Quando Garibaldi la sera del 2 luglio lasciò Roma – dove era cessata la resistenza contro l’assalto dei francesi – per dirigersi verso Venezia, che ancora resisteva all’assedio austriaco, Ciceruacchio e i figli Luigi e Lorenzo lo seguirono e si diressero con lui a Cesenatico per imbarcarsi verso Venezia nella notte del 31 luglio. Bloccata la flottiglia garibaldina al largo di Punta Maestra, e perduti i contatti con il generale, si unirono a un piccolo gruppo di sbandati i quali vagarono disordinatamente per alcuni giorni nella zona del Delta fra persone infide che segnalarono agli austriaci la loro presenza.

Catturati il 10 agosto da una pattuglia croata furono fucilati la notte stessa senza alcun processo. Allineati sulla golena dell’argine destro del Po di Tolle, mentre i soldati caricavano i fucili, Ciceruacchio chiese che fosse risparmiato il figlio Lorenzo, di 13 anni. Il tenente Rokavina finse di aderire e invece ordinò di sparare prima a Lorenzo che, caduto a terra per le ferite ricevute, fu finito dai croati con i calci dei fucili.

L’episodio fu subito conosciuto nei paesi del Polesine perchè erano presenti gli uomini che scavarono le fosse, ma ci fu confusione sulle persone dei fucilati poichè Angelo, Lorenzo e Luigi Brunetti avevano dato cognomi falsi nei brevi interrogatori cui tutti erano stati sottoposti. L’atto di morte figura nella "cronistoria" della chiesa di San Nicolò che è oggi la parrocchia di Cà Venier, allora in Comune di Porto Viro, oggi di Porto Tolle. Nella chiesa è custodito il quaderno manoscritto di quella cronistoria. La grafia e la firma sono quelle di don Marco Sarto, parroco dell’epoca.

Il documento dice:

Lì, 11 agosto 1849

Per ordine dell’ I. R. Comando Militare, stazionato in Cà Tiepolo sino dai primi giorni del p.p. Maggio, alle ore 12 e mezzo della scorsa notte vennero ivi fucilati, e sepolti nel luogo della eseguita fucilazione i seguenti individui:

Ramorino O. Stefano, Sacerdote Genovese
Parodi Lorenzo,  Genovese
Lodadio Francesco, Romano
Fraternali Gaetano, Romano
Bossi Luigi, Romano
Baciagalussa Paolo, Romano
Bellazzi Angelo padre e
Bellazzi Lorenzo figlio, Romani

A causa di quei cognomi alterati (che i tre Brunetti avevano dichiarato per non farsi riconoscere), non si ebbe subito la certezza della morte di Ciceruacchio e dei suoi figli, oltre che degli altri loro compagni; anche perchè i croati cercarono invano di tenere nascosto l’episodio sul quale solo assai più tardi è stata fatta piena luce, soprattutto per opera di studiosi locali. Oggi i resti degli otto garibaldini sono nell’ossario del Gianicolo, sotto il monumento che custodisce la memoria degli eroici difensori della Repubblica Romana.

Si concluse così la gloriosa avventura di Ciceruacchio e dei suoi figli, mentre le mondine delle risaie tra i rami del Delta del Po cantavano una filastrocca di origine popolare ispirata dal tradimento di cui rimaesero vittime gli otto garibaldini. Essa diceva:

"Fiol d’un can d’un Pelli
che t’ha tradì chi sette
in mezzo a ghiera un prete
e el fiol del dotor."

ciceruacchio

NATO DA ONESTI POPOLANI NEL 1800
QUI DIMORÒ ANGELO BRUNETTI
DETTO CICERUACCHIO
OPEROSO ISPIRATORE DEL POPOLO A LIBERTÀ
FUGGENDO LA SERVITÙ DELLA PATRIA
FU MORTO DA FERRO STRANIERO
UNITAMENTE AI FIGLIUOLI LUIGI E LORENZO
IL 10 AGOSTO 1849
S.P.Q.R. 1871

DALLA RICONOSCENZA DEI CITTADINI
RESO IN EFFIGIE
QUI DOVE VISSE PER LA PATRIA 1872
(targhe in via di Ripetta 248)

Dice: come te chiami?
Angelo Brunetti, eccellenza, detto Ciceruacchio, gonfaloniere de Campo Marzio e de professione carettiere, se sente da come parlo.
Dice: allora perché te sei ‘mpicciato de cose che nun te riguardano?
Dico: perché io so’ carettiere, ma a tempo perso so’ omo, e l’omo se ‘mpiccia, eccellenza.
Difatti vie’ Garibardi e dice: "Famo l’Italia", e io che fo? nun me ‘mpiccio?
Io so’ romano, eccellenza, ma a tempo perso so’ italiano, è corpa?
Dice: sì
Ah, mo’ è corpa esse italiano?
No, dice lui, è corpa perché tu hai difeso l’anarchia e la rivoluzione.
Ma nossignore eccellenza, io ho difeso Roma, er paese mio e lei ce lo sa mejo de me. Ma come? I Francesi me pijano a cannonate e io nun me ‘mpiccio? nun me riguarda?
Insomma, eccellenza, se annamo a strigne, ch’avemo fatto de male? ‘sta creatura manco a dillo, ma io? Io ch’ho fatto? Ho voluto bene a Roma, embè? e da quanno in qua l’amor de patria è diventato un  delitto?
Però se nella legge vostra è un delitto vole’ bene ar paese propio, allora io so’ corpevole, anzi so’ reo confesso, e m’offennerebbe pure se me rimannaste assorto, percui, eccellenza, spero che lei se sia persuasa, e così voi che me sembrate… oooh, ma me state a senti’? No, dicevo, spero che pure voi ve sete appersuasi…
Achtung!
Ma che fate… no! er ragazzino no!

(Tratto dal film di Luigi Magni In nome del popolo sovrano)

Written by matemauro

22-09-2008 at 16:22

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Un albergo straordinario

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Amici cari, questo che pubblico oggi è un racconto "su commissione"; qualche tempo fa un’amica, Nereide1, al secolo Annarita, mi ha chiesto di scrivere qualcosa per il suo blog di matematica o per quello di scienze (Annarita è insegnante di scuola media); dopo qualche riflessione, mi sono imbattuto nel paradosso del Grand Hotel di Hilbert; seduta stante mi sono messo a pensare a un racconto che illustrasse quel paradosso, incurante del fatto che già un grande scrittore di fantascienza come Stanisław Lem e il matematico Ian Stewart, continuatore della meritoria opera di Courant e Robbins Che cos’è la Matematica?, avessero già scritto sul tema.

Ed ecco il risultato della mia fatica (?): spero che vi divertirete a leggerlo, come io mi son divertito a scriverlo.

(Va da sé che vi consiglio di fare una capatina nei due blog di Annarita)

Un albergo straordinario

Erano ormai le due di notte quando riuscii finalmente ad aprire la porta di casa, gettare in un angolo il giubbotto antigravitazionale e stendermi sul letto ad aria. La festa organizzata in onore del mio professore di galattografia comparata per il suo 200° anno di insegnamento era durata veramente troppo: tutti quegli arzilli due-trecentenni suoi colleghi non avevano fatto altro che ballare indiavolati gli ultimi balli modaioli che arrivavano da ogni parte dell’universo, conosciuto o meno. Io, per conto mio, preferisco mille volte uno spettacolo tri-vi nella comodità del mio appartamento. È proprio vero che le differenze generazionali contano…

Comunque, finalmente riuscii a chiudere gli occhi. Mi sembrò che fosse passato meno di un minuto, quando il trillo dello psicocell mi trapanò il cranio. Letteralmente, visto che come tutti ormai ce l’ho impiantato nel cranio. Con il solito comando mentale ordinai alla cornetta di alzarsi (mi sono sempre chiesto da dove derivi quest’espressione che usano tutti, visto che non ci sono manopole o cornette per videoparlare…). Era il mio amico A98Y56T, che sapevo impiegato su I8N7HHH, un pianeta di un sistema della costellazione della Lira; incurante del fatto che la trasmissione sub-eterica rende nota l’ora locale del destinatario, mi apostrofò così:

– Ehi, amico! Non mi dire che stavi dormendo!

– Io? Dormire? Eehhh… Ma che ore sono? – risposi farfugliando.

– Beh, non importa, comunque. Ascolta, qui c’è bisogno del tuo aiuto, stiamo impazzendo. Corri al più vicino teletrasporto e raggiungimi appena possibile!

– Ma… ma… ma…

– Non sono tua madre! – Esclamò – Per tutti i neumanniani, sbrigati, qui siamo nella palta!

E chiuse immediatamente la comunicazione.

Ora, dovete sapere che A98Y56T è praticamente mio fratello di latte: ci conosciamo da quando siamo nati, abbiamo frequentato le stesse scuole, condiviso le stesse ragazze (e le relative delusioni)  ecc. Dunque non potevo certo abbandonarlo a se stesso in un momento delicato. D’altronde ormai l’Università aveva chiuso per il periodo estivo, altri impegni non ne avevo e perciò decisi seduta stante di raggiungerlo e di vedere in quale guaio si fosse cacciato stavolta. Dopo una rapida doccia di aria tiepida, indossai il giubbotto antigravitazionale e impostai le coordinate del vicino centro di teletrasporto.

Lì arrivato, fornii all’impiegato di turno le coordinate che A98Y56T aveva provveduto a inviarmi subito dopo la telefonata e mi avvicinai al tubo per il teletrasporto. Quando le pareti trasparenti in poli-vetro mi si chiusero intorno, presi un profondo respiro e cercai di star fermo il più possibile, per facilitare il lavoro dello scanner molecolare che analizzava la composizione del mio corpo e la trasmetteva sub-etericamente al ricevitore. Dopo pochi istanti si accese una luce rossa e una voce sintetizzata mi avvertì:

– Attenzione, il trasferimento sta per avere luogo. Rimanere immobili, prego… 5… 4… 3… 2… 1… Ora!

Chiusi gli occhi, avvertii il solito leggero formicolio, li riaprii e mi ritrovai in un tubo praticamente identico a quello dal quale ero partito, salvo il fatto che di là dal tubo in poli-vetro c’era A98Y56T, che mi osservava con un sorriso che gli allargava il volto. Si aprirono gli sportelli del tubo e ci gettammo uno nelle braccia dell’altro, inscenando la danza di benvenuto che era il nostro pegno d’amicizia. Finiti i convenevoli, lo apostrofai:

– Allora qual è questo guaio megagalattico dal quale non riesci a uscire?

– Il problema sta nell’albergo del quale come ben sai sono il direttore. T’avevo detto che ha un numero infinito di stanze, vero?

– Sì, ricordo che me l’hai accennato…

– Bene, devi sapere che in questo momento tutte le stanze sono occupate…

– Ottimo, vuol dire che gli affari vanno a gonfie vele! – Lo interruppi.

– Sì certo, ma proprio oggi ci è capitato fra capo e collo un problema: si è presentato un nuovo cliente… e non possiamo rifiutarlo. Pensa che è il voivoda del pianeta RHT5M4, un mondo a pochi parsec da qui, sul quale speriamo di poter aprire presto un altro albergo, sempre con infinite stanze; capisci bene che non possiamo negargli una stanza!

– Vedo, vedo… Ma la soluzione è banale!

– Come banale? Ma se ti ho detto che abbiamo tutte le stanze occupate…

– Ascoltami: il tuo albergo ha infinite stanze, no?

– Sì, certo.

– Bene, allora prendi il cliente della stanza 1 e lo sposti nella 2, quello della 2 lo sposti nella 3, quello della 3 nella 4 e così via! Se le stanze fossero in numero finito non potresti rimediare, ma così invece tutti avranno la loro bella stanza e il tuo voivoda lo puoi mettere nella 1 che si è liberata!

– Cavoli! Certo, si tratta di un numero infinito di spostamenti, ma basta avvertire tutti i clienti contemporaneamente e funzionerà! Grazie, amico mio, sapevo che non mi avresti deluso! Ma ora andiamo in albergo, così potrai vedere come mi sono sistemato bene…

E fu così che venni coinvolto in quello che da allora in poi considerai il caso dell’albergo straordinario. A98Y56T mi diede alloggio nel suo appartamento, visto che tutte le stanze erano occupate e non voleva certo disturbare tutti i clienti con un nuovo ordine di spostamento collettivo, dopo quello eseguito per soddisfare il voivoda di RHT5M4…

Passai davvero qualche giorno da favola, nell’albergo del mio amico: vitto e alloggio spesati, divertimenti gratuiti come d’obbligo in tutti i pianeti di quel sistema, donne a profusione (e le donne di quel sistema ve le raccomando davvero, se vi capita di farci un salto: il loro gioco preferito si chiama "afferra la luna nel pozzo", ora non ve lo posso spiegare, ma è un tipo di attività estremamente interessante!), videoteche fornitissime… insomma, il meglio per passare giorni rilassanti!

Un giorno, però, tornando dal solepark (una sorta del nostro lunapark, ma molto più bollente) trovai il mio amico in lacrime appoggiato al banco del concierge.

– Ehi, che diamine t’ha preso? – Lo apostrofai.

– Sono rovinato… sarò licenziato… buahhhh…

– Ma cosa è successo?

– Sta arrivando una delegazione interplanetaria di filologi roweenniani e non so dove metterli!

– Beh, utilizza lo stesso sistema che ti ho già suggerito! Dovrai fare più avvisi, ma…

– NO! Non mi sono spiegato bene – ribatté lui -, questi filologi sono in numero… infinito!

Cavoli! Certo la situazione era davvero grave… Cominciai a riflettere come risolvere il problema quando, improvvisamente, ebbi una folgorazione!

– Tranquillo, smetti di piangere, ho la soluzione!

– Dai, non mi dire… e qual’è?

– Avverti tutti i clienti di spostarsi nella camera di numero doppio rispetto a quella che occupano attualmente: l’1 nella 2, il 2 nella 4, il 3 nella 6 e così via; saranno occupate tutte le camere pari e avrai libere quelle dispari per gli infiniti filologi roweenniani!

– È vero! Fantastico! Sei un portento, amico mio!

E fu così che, per la seconda volta, salvai il mio amico da un possibile licenziamento. A quel punto decisi di tornarmene a casa, cominciavo a sentire un po’ di nostalgia per tutto quello che avevo lasciato su Terra… Salutai A98Y56T con il nostro consueto balletto di addio, mi infilai nel teletrasportatore e in men che non si dica mi ritrovai a casa.

Parecchi mesi dopo…

Driiinnn… Maledizione, di nuovo lo psicocell! Compresi però subito che era A98Y56T e risposi immediatamente.

– Aiuto, aiuto, aiuto!

– ???

– Ti prego, ti prego, ti prego!

– Ho capito, devo precipitarmi da te, vero?

– SÌ!!!

E allora, solita trafila: giubbotto antigravitazionale, teletrasportatore… un’oretta dopo ero nel suo albergo.

– ¿Que pasa, hombre?

(Ah già, non vi avevo ancora detto che io e A98Y56T eravamo appassionati di archeolingue e ogni tanto ci dilettavamo a parlarne qualcuna…)

– Succede che ora sono veramente rovinato! Una situazione senza via d’uscita! Me tapino!

– Se hai finito di lamentarti, potresti magari spiegarmi qual è il problema, magari una soluzione la troviamo anche stavolta!

– No, no, stavolta non puoi farci nulla… – Affermò, sempre più disperato.

– Ma tu dimmi… su, da bravo…

– Allora, devi sapere che dall’ultima volta che sei stato qui la mia compagnia si è ingrandita, abbiamo messo su un numero infinito di alberghi, tutti con infinite stanze e sono tutti pieni…

– Beh, di bene in meglio, direi: guadagni infiniti!

– Sì, ma ora viene il dramma: il proprietario della ditta ha deciso di ridurre le attività e di chiudere tutti gli alberghi, meno il mio!

– E a te cosa importa? Se il tuo rimane aperto…

– Già, ma lo stesso proprietario ha deciso che tutti gli infiniti ospiti degli infiniti alberghi dovranno essere alloggiati QUI! E se rifiuto mi licenzia! E nessuna delle due soluzioni che mi hai fornito la volta precedente stavolta può funzionare! Sob! Uaaahhh! Fra due giorni arrivano tutti e io non so dove metterli! Sob! Buahhh!

E giù una fontana di infinite lacrime… Certo, lo capivo poverino, in quell’albergo aveva profuso tutte le sue energie e ritrovarsi improvvisamente senza lavoro non era certo un’esperienza gradevole.

– Ascolta, io mi ritiro a pensare; posso utilizzare la stanza dell’altra volta?

– Sì, certo…

E cominciai a pensare a una possibile soluzione del problema che assillava il mio amico… Dopo poche ore di intenso lavorio mentale, udii la voce di A98Y56T che chiedeva se poteva disturbarmi.

– Senti, so che tu sei molto più bravo di me in queste cose, ma forse la soluzione l’ho trovata io! – Affermò, appena entrato.

– Sentiamo. – Feci, quasi incredulo.

– Potrei fare così: spostare l’ospite della stanza 1 nella 1000, spostare l’ospite della 2 nella stanza 2000, quello della 3 nella 3000, e così via; e poi per gli altri alberghi fare così: l’ospite della stanza 1 del primo albergo nella stanza 1001, quello della 2 nella 2001, quello della 3 nella 3001…

– No, caro. – Feci, dopo una rapida riflessione – Arrivati al milleunesimo albergo, non sapresti più dove metterli; ricordi cosa rispose l’imperatore Traiano quando gli proposero di dare il suo nome a un mese del calendario, visto che la stessa proposta era stata fatta a Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, e da loro accettata? Traiano rispose: "E cosa offrirete al tredicesimo Cesare?" No, mi spiace ma così non può funzionare…

– Accidenti…

– Aspetta, però, forse m’è venuta un’altra idea! Numeriamo tutti gli alberghi, visto che le stanze sono già numerate, e assegniamo le stanze in questo modo: se m il numero dell’albergo e n il numero della stanza, a ogni ospite daremo la stanza 2m3n; in questo modo avremo sempre stanze libere e nessuna stanza occupata due volte!

– È vero, aspetta, fammi controllare…

Pensò qualche minuto e poi fece:

– No, non va… il proprietario mi ucciderebbe, se lasciassi tutte quelle stanze libere!
In effetti, riflettei anch’io sul fatto che tutte le stanze corrispondenti a numeri che non potevano essere espressi nella forma 2m3n (e sono tanti, anzi tantissimi; già gli stessi numeri primi sono infiniti!) non sarebbero state occupate!


Un’altra mezz’ora a pensare ad altre possibili combinazioni e, improvvisamente… lampo di genio!

– Trovato! Useremo la numerazione a quadrati…

– ??? – Fu la sua espressione sbigottita.

– Come prima, numeriamo gli alberghi (le stanze lo sono già); poi costruiamo questa tabellina:

(1,1)

(1,2)

(1,3)

(1,4)

  …   

(1,n)

  …  

(2,1)

(2,2)

(2,3)

(2,4)

(2,n)

(3,1)

(3,2)

(3,3)

(3,4)

(3,n)

(4,1)

(4,2)

(4,3)

(4,4)

(4,n)

(m,1)

(m,2)

(m,3)

(m,4)

(m,n)

– E ora sistemiamo gli ospiti secondo i quadrati! – Dissi, trionfante.

– Cosa? – Non capiva.

– Nella stanza 1 mettiamo l’ospite di (1,1), cioè della prima stanza del primo albergo; nella 2 mettiamo l’ospite di (1,2), cioè della seconda stanza del primo albergo; nella 3 mettiamo l’ospite di (2,2), la seconda stanza del secondo albergo, e nella 4 l’ospite di (2,1), la prima stanza del secondo albergo. In questo modo avremo sistemato gli ospiti del quadrato in alto a sinistra con lato 2. Dopo di che mettiamo l’ospite di (1,3) nella stanza 5, di (2,3) nella stanza 6, di (3,3) nella 7, di (3,2) nella 8, di (3,1) nella 9… e così via!

– Ma ci sarà spazio per tutti? – Fece lui dubbioso.

– Naturalmente. Dopotutto, così sistemiamo gli ospiti delle prime n stanze dei primi n alberghi nelle prime n2 stanze. Quindi, prima o poi ogni ospite riceverà una stanza. Possiamo anche calcolare facilmente quale stanza sarà: se l’ospite occupa la stanza n nell’hotel m, allora se nm occuperà la stanza numero (n – 1)2 + m, e se n < m, la numero m2 – n + 1!

E fu così che risolsi il caso dell’albergo straordinario. In mio onore, A98Y56T organizzò un ricevimento al quale invitò tutti gli ospiti. Ma, naturalmente, anche il ricevimento ebbe i suoi problemi. Gli ospiti delle stanze pari arrivarono in ritardo di mezz’ora, e quando comparvero si scoprì che tutte le sedie erano occupate, nonostante il mio amico avesse organizzato le cose in modo che ci fosse una sedia per ogni ospite. Si dovette attendere che tutti si spostassero in nuovi posti per liberare la quantità necessaria di sedie (naturalmente, nella sala non venne portata nessuna sedia in più). Più tardi, quando iniziarono a servire il gelato, si scoprì che ognuno aveva due porzioni, nonostante il cuoco avesse di fatto preparato solo una porzione a testa. Spero che a questo punto siate in grado di immaginare da soli come questo possa essere successo…

Alla fine del ricevimento schizzai nel centro di teletrasporto e tornai su Terra. Non ne potevo più di alberghi e insiemi infiniti…

Written by matemauro

21-09-2008 at 15:55

Pubblicato su matematica, racconti, scienza