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Di matematica ma non soltanto…

Archive for luglio 4th, 2010

Ragione e/o sentimento

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enea e didone

«Grido e brucia il mio cuore senza pace
da quando più non sono
se non cosa in rovina e abbandonata.»
 
(Giuseppe Ungaretti, Cori descrittivi di stati d’animo di Didone, III)
 
 
Ragione “o” sentimento? Ragione “e” sentimento? Cosa lega e cosa divide queste due parole che hanno ispirato poeti, scrittori, filosofi, tra tutti Jane Austen che ha così intitolato il suo romanzo più famoso, Sense and Sensibility, nonché, qualche anno fa, il grande Clint Eastwood dello splendido film I ponti di Madison County, con una fantastica Meryl Streep?
 
Certo, non è affatto facile conciliare ciò che ci dice il cuore e ciò che ci consiglia la mente. E risulta ancor più difficile, una volta che si è rinunciato (vuoi per impossibilità materiale, vuoi per scelta personale) a bilanciarli, la decisione sul percorso da seguire. Il dilemma sta nel capire se, in genere o in un singolo caso particolare, è più proficuo per se stessi lasciarsi guidare dal cuore oppure dal cervello. E non intendo soltanto nelle scelte sentimentali, ma anche in quelle che riguardano i rapporti tra le persone, la famiglia, il proprio futuro.
 
Nei millenni i filosofi si sono spesso arenati sulla possibilità di una ragione priva d’emozione (o viceversa), e sulla facoltà conoscitiva e discriminativa dell’una senza l’altra (o, di nuovo, viceversa). Esiste un divario insanabile fra ragione ed emozione? Sono soltanto due facce della mente? Sono due termini sintetici, che si tengono insieme, in cui l’uno perfeziona l’altro? O sono invece antitetici, e non è dato seguire ambedue contemporaneamente? Rappresentano lo iato, la soluzione di continuità fra il mondo deduttivo e quello induttivo?
 
Rileggevo nei giorni scorsi un riassunto dell’Eneide virgiliana. (No, non il testo completo, e nemmeno in originale…) Ebbene, queste considerazioni che qui vi vado esponendo mi sono state suscitate proprio da una figura che il poeta mantovano tratteggia a tutto tondo nella sua opera più famosa.
 
Devo dire che l’Eneide non l’avevo più ripresa in mano dai tempi del liceo (una quarantina d’anni fa, ahimé); ebbene, sarà che con la maturità certe cose si vedono sicuramente da una prospettiva diversa, ma la storia sottesa al poema mi ha affascinato, quando a scuola invece l’avevo snobbata. E mi ha preso soprattutto, all’interno della storia, un personaggio, entrato a far parte del mito collettivo dei simboli femminili che meglio incarnano determinate caratteristiche: Didone.
 
Didone, regina e perciò donna di potere, che dovrebbe mettere in primo piano il proprio operato politico, finisce con il diventare preda della passione amorosa e del desiderio di rimanere insieme all’amato, quando Enea decide di lasciare Cartagine per proseguire la missione che gli dèi gli hanno assegnato. Viene dilaniata, per la duplicità di cui parlavo all’inizio, dal contrasto tra il sentimento che la porterebbe a seguire Enea e la razionalità che le imporrebbe di restare a Cartagine.
 
Didone incarna perfettamente il modello di donna in conflitto con se stessa, che sente le sue facoltà razionali svanire di fronte all’irrompere del sentimento. Il personaggio virgiliano risolve il contrasto non decidendo tra le due opzioni possibili, e arriva al suicidio in un crescendo di disperazione. Il contrasto risiede essenzialmente nel suo essere umana (femmina?) fino in fondo e nel non riuscire a conciliare questa caratteristica con il suo essere regnante (maschio?) che le imporrebbe di resistere alla passione, mettendo in primo piano i doveri che le impone la sua carica.
 
La regina di Cartagine si svela, quindi, in tutta la sua sostanzialità di donna, prima sedotta e poi abbandonata da un uomo che deve rispondere a un destino più grande. È raro trovare in ambito letterario un altro personaggio femminile che tanto efficacemente presenti e risolva tratti tanto squisitamente umani.
 
Didone rimane e rimarrà per sempre l’emblema di una donna che vive sospesa tra razionalità e sentimento e che non riesce a risolvere questo conflitto in altro modo che non sia quello della liberazione per mezzo della morte. Ma l’eroina virgiliana è anche il simbolo di quella passionalità e di quella intensità emotiva da sempre attribuite all’altra metà del cielo (quella migliore, aggiungo io, riprendendo e modificando la poetica affermazione del presidente Mao…).
 
 
[In testa: Enea e Didone in un affresco pompeiano del I secolo e.v.]

Written by matemauro

04-07-2010 at 12:39

Pubblicato su didone, filosofia, virgilio