matemauro

Di matematica ma non soltanto…

Archive for giugno 2010

Barzelletta (con un pezzo di storia…)

with 30 comments

ETR_500_Frecciarossa

I tecnici della British Airways hanno studiato una specie di cannoncino per lanciare polli morti ad alta velocità contro i parabrezza degli aerei di linea: lo scopo è quello simulare i frequenti scontri con gli uccelli in aria, verificare la resistenza dei parabrezza e prendere le adeguate contromisure.

Alcuni ingegneri italiani, avendo sentito parlare di questo tipo di test, sono impazienti di provarlo sul parabrezza dei loro nuovi treni Frecciarossa. Prendono perciò accordi con la compagnia inglese e il cannoncino viene spedito ai tecnici italiani.

Quando l’arma viene attivata la prima volta, gli ingegneri italiani restano di stucco: il pollo sparato dal cannoncino si schianta contro il parabrezza infrangibile e lo fracassa, rimbalza contro la console dei comandi, stacca la testa del manichino messo al posto di guida, spezza in due lo schienale della poltroncina del macchinista e si va a incastrare nella parete posteriore della locomotrice, neanche fosse una delle tre pallottole sparate da Harry Lee Oswald il 22 novembre 1963.

Rammento che, secondo il rapporto della commissione Warren, incaricata delle indagini sull'assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy, le tre pallottole vennero sparate in 2 secondi e mezzo, contro un bersaglio in movimento, con un fucile della prima guerra mondiale, e facendo un macello nelle carni del presidente e del governatore Connolly, con una pallottola che prima di fermarsi eseguì sette-otto cambi di direzione… Ma scusate la digressione, continuo con la barzelletta… 

Sconvolti, gli italiani trasmettono agli inglesi i risultati disastrosi dell’esperimento e i progetti del loro parabrezza, supplicandoli perché diano loro dei suggerimenti.

Arriva immediatamente un fax in risposta, lapidario:

“Scongelate i polli, prima.”

Written by matemauro

29-06-2010 at 21:13

Pubblicato su storia, umorismo

Spigolature – Quiz per i lettori

with 29 comments


 

Nel corso dell’annuale raduno leghista di Pontida, qualche giorno fa, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha fatto determinate, ben precise e documentate affermazioni. Ai miei lettori propongo un gustoso esercizio stilistico: scovare, fra queste dieci frasi molto simili, l’unica realmente pronunciata dal presidente regionale. V’avverto che sarà un compito niente affatto facile! Chi sarà il primo a indovinare la frase giusta? 


1. Siamo stanchi di sentire vicini di casa che si insultano in napoletano e romano. In Veneto siamo pieni di inquilini rancorosi che si scannano per il riscaldamento centralizzato. Noi veneti faremo assemblee condominiali differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

2. Siamo stanchi di sentire direttori di telegiornali che raccontano balle in napoletano e romano. Il Veneto brulica di giornalisti venduti che mistificano la realtà. Noi vogliamo realizzare un’informazione di regime differenziata, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

3. Siamo stanchi di sentire ubriaconi che cantano canzoni sconce in napoletano e romano. In Veneto esistono tuttora avvinazzati che dopo qualche decina di bicchieri di bianchetto cantano “Ancora un litro de quel bon”*. Nei bar e nelle osterie del Veneto avremo sbronze differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

4. Siamo stanchi di sentire in tv e al cinema parlare in napoletano e romano. In Veneto noi facciamo ancora il presepe e nelle scuole vogliamo il crocifisso. Noi vogliamo fare liste di collocamento differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

5. Siamo stanchi di sentire vescovi e cardinali che vietano l’uso del preservativo in napoletano e romano. Qui in Veneto ci sono molti prelati fondamentalisti che contribuiscono alla diffusione dell’Aids. Noi veneti vogliamo anatemi integralisti differenziati, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

6. Siamo stanchi di sentire donne che durante il sesso orale bofonchiano in napoletano e romano. In Veneto ci sono ancora femmine disinibite che praticano la fellatio parlata. Vi prometto che in Veneto obbligheremo per legge a pompini differenziati, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

7. Siamo stanchi di sentire tifosi che inveiscono contro arbitri e guardalinee in napoletano e romano. In Veneto ci sono, per fortuna, ultras che augurano morte lenta e dolorosa alle terne arbitrali. Ebbene, in Veneto realizzeremo per loro tribune differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

8. Siamo stanchi di sentire automobilisti che litigano agli incroci in napoletano e romano. Tra noi veneti esistono bene guidatori isterici che si mandano a fare in culo ai semafori. Noi veneti consentiremo soltanto colluttazioni stradali differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

9. Siamo stanchi di sentire meteoristi che scorrreggiano in napoletano e romano. In Veneto ci sono tuttora petomani esperti che fanno le puzzette. In Veneto vogliamo soltanto peti a trombetta differenziati, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

10. Siamo stanchi di avere ministri che incassano tangenti in napoletano e romano. In Veneto ci sono, per nostra e loro fortuna, molti politici corrotti che rubano i soldi pubblici. Noi veneti vogliamo incassare mazzette differenziate, per pensare prima ai nostri cittadini e poi a quelli del resto del mondo.

* Per il testo della canzone, peraltro struggente, vedi qui. E per un’esecuzione da parte di un avvinazzato gruppo canoro, invece qui

Written by matemauro

25-06-2010 at 21:52

Pubblicato su spigolature

Italia – Slovacchia: per chi tifo?

with 24 comments

Chiaro, no? 😀

25′: Vittek!!! Slovacchia 1 – Italia 0

Commento al primo tempo: Slovacchia presente, fisicamente e mentalmente, in ogni zona del campo, tutto sommato ha anche raccolto meno di quello che ha seminato; non è una squadra tecnica e si vede, ma mette cuore, muscoli e cervello in ogni azione e in ogni zona del campo. Italia meno che negativa: uomini fuori ruolo e fuori zona, deconcentrati, una difesa che quattro anni fa fu il nostro punto di forza e che oggi fa ridere i polli, un centrocampo senza idee e senza forza, un attacco… attacco? Non c’è. E il “ricco pensionato arabo” Cannavaro meritava l’espulsione per doppia ammonizione: l’arbitro inglese Webb si conferma “amico” dell’Italia…

Secondo  tempo: l’Italia si butta nervosamente e indiscriminatamente in avanti, esponendosi a qualche pericolo; entra anche Pirlo, ma a parte un paio di occasioni, fino al 20′ non si nota alcuna differenza rispetto al primo tempo. Squadre ambedue stanche.

75′: Vittek!!! Slovacchia 2 – Italia 0

Nulla da dire sul doppio vantaggio: assolutamente meritato. Italia senza idee, senza cervello, con pochi muscoli e un allenatore imbe(ci)lle e vanaglorioso. Italiani spesso irrisi con passaggi semplici, l’abc del calcio, ma sembra che loro l’abbiano dimenticato. Gli slovacchi, ovviamente, acquistano fiducia col passare dei minuti e giocano come fossero loro i campioni del mondo.

81′: Di Natale!!! Slovacchia 2 -Italia 1

Gol assolutamente casuale, gli slovacchi non si devono far intimorire, hanno una qualificazione storica a portata di mano! Gli ultimi minuti si preannunciano confusi; speriamo che l’arbitro, già dimostratosi in più occasioni pro-Italia, non si faccia prendere dalla confusione.

89′: Kopunek!!! Slovacchia 3 – Italia 1

Che dire? Vantaggio e vittoria assolutamente meritate. Italia inesistente, a parte qualche giocata sporadica di Pirlo e degli attaccanti, più con la forza della disperazione che altro.

92′: Quagliarella!!! Slovacchia 3 – Italia 2

Cambia poco: gli ultimi minuti sono soltanto una guerra di nervi. Nemmeno l’arbitro può far nulla per aiutare l’Italia: siamo a 7 minuti di recupero, ben oltre i 4 annunciati… E finalmente fischio finale!

Slovacchia 3 – Italia 2

Devo dire quanto sono felice e contento? Non credo… 😉

Tra l’altro credo sia la prima volta che una squadra ex campione del mondo termina ultima nel girone di qualificazione al campionato successivo…

Per brindare alla vittoria dei “nostri” ragazzi, un canto tradizionale slovacco, che tra l’altro spiega perché sentimentalmente mi sento molto più vicino agli slovacchi che ai cechi: i primi bevono per lo più vino, come noi italiani, i secondi birra…

Le parole:

“Vinello bianco, che vieni dalla mia amata,
ti berrò fin quando vivrò, vinello bianco.
Vinello rosso, che vieni dalla mia seconda,
ti berrò fin quando vivrò, vinello rosso.

Vinelli ambedue, fratellini miei,
vi berrò fin quando vivrò, vinelli ambedue!”

Written by matemauro

24-06-2010 at 15:46

Pubblicato su sport

Mia figlia giornalista (???)

with 17 comments

Siccome a mia figlia non bastavano l’attività di insegnante, quella di musicista, di organizzatrice e intrattenitrice di feste per bambini, ecco che si è inventata qualcos’altro da fare: collabora con la rivista di un’associazione culturale di Ellera, ridente paesino in provincia di Perugia… Ed ecco l’articolo di Katia, mentre ricordo a me e a voi tutti  le splendide parole di Kahlil Gibran:

I tuoi figli non sono figli tuoi,
sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo,
ma non li crei.
Sono vicino a te,
ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
ma non alla loro anima,
perché la loro anima abita
nella casa dell’avvenire
dove a te non è dato entrare
neppure con il sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro,
ma non volere che essi assomiglino a te,
perché la loro vita non ritorna
indietro e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.

katia0katia1

 

Roma – Ellera (solo andata)
(Katia Antonetti)
 
Come si fa a rinunciare al Colosseo, alla fontana di Trevi, ai Fori imperiali e al Cupolone? Questo è ciò che si chiede la maggior parte della gente quando riconosce il mio lieve accento romano; questo è ciò che mi è stato chiesto più di una volta quando, a Elleran’do, congedavo i clienti con un “Bon’apppetito”. Inizia proprio qui la mia esperienza ellerese: catapultata in una festa di paese io, abituata al caos metropolitano. Ho affrontato con il sorriso sulle labbra quei quattro giorni di festa, felice di aiutare in qualche modo coloro i quali, seppur inconsapevolmente, mi avevano accolto nel loro mondo. Anche se il mio viaggio verso Perugia inizia sette anni fa, senza la “costrizione” di legami affettivi o lavorativi, soltanto ora posso dire di sentirmi veramente a casa. Roma e Perugia, Ellera nello specifico: due stili di vita agli antipodi. Vivere a Roma vuol dire uscire di casa due ore prima di recarsi al lavoro e farvi rientro due ore dopo aver staccato, farsi la barba in coda sul Grande Raccordo Anulare (l’ho visto con i miei occhi!!!), impiegare ore per trovare un parcheggio e poi comunque affidarsi alla sosta selvaggia, non conoscere il proprio vicino di casa anche se lo è da dieci anni, non sentirsi padroni del proprio tempo: vivere a Roma è, spesso, un vivere per la città. Vivere a Ellera è, quasi sempre, un vivere nella città: reincontrare le stesse facce e ricondurle a un nome, avere un punto di ritrovo comune, uscire di casa anche da soli e avere la certezza di incontrare comunque qualcuno. In modo particolare, credo giochi un ruolo fondamentale l’associazione L’UNANUOVA che, nell’organizzazione di eventi (Elleran’do, Ellerween, Carnevalan’do, Tovarishenko) ha proprio l’intento di riunire le varie componenti del paese (e non solo) in un clima di divertimento e spensieratezza. Sullo stesso filone questo giornale vuole essere un punto d’incontro tra opinioni diverse, per dare libero spazio e libera voce a chiunque ne abbia voglia. È bizzarro che a scrivere una di queste “8 pagine” del giornale di Ellera sia io, io che Ellera la vivo da appena un anno, io che non ne conosco la storia e i personaggi, io che però ho scelto di viverla, di rinunciare al Colosseo e al Cupolone, io che ho preferito la norcina alle fettuccine alla romana.

Written by matemauro

19-06-2010 at 22:46

Pubblicato su figli

M.C. Escher

with 13 comments

MC-Escher

“Il matematico, come il pittore o il poeta, è un creatore di forme. E se le forme che crea sono più durature delle loro è perché le sue sono fatte di idee."

(Godfrey H. Hardy)
 

Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 17 giugno 1898 – Laren, 27 marzo 1972) è stato un incisore e grafico olandese.

Visse per molti anni in Italia e in Spagna: dalla prima trasse ispirazione per i paesaggi campestri, nella seconda venne vivamente impressionato dall’architettura moresca, soprattutto quella dell’Alhambra, che poi riutilizzò in numerose sue opere.


Dire che cosa abbia rappresentato questo artista per almeno un paio di generazioni di matematici, logici, topologi e filosofi della conoscenza è assai complesso. A scuola, confessò a un suo amico, non era molto bravo in matematica:

“Alle superiori ero molto scarso in aritmetica e in algebra, perché avevo, e ho ancora, una grande difficoltà nell’astrazione di numeri e lettere. Più tardi, quando la mia immaginazione venne attratta dalla geometria solida le cose andarono un po’ meglio, però a scuola non riuscii mai ad avere buoni risultati in queste discipline. Ma il percorso della nostra vita può prendere strane svolte.”

Scrive, d’altra parte, il fisico e matematico Roger Penrose, suo amico:

“Non crediate affatto a quello che Escher racconta sulla sua ignoranza matematica. Forse non aveva dei buoni voti, o forse non aveva avuto un buon rapporto con i professori. Ma una conoscenza molto chiara ed approfondita della matematica e della geometria ce le aveva eccome. D’altra parte questo è evidentissimo nei suoi disegni.”

È il solito problema, non soltanto italiano, a quanto pare: una scuola che non porta lo studente ad amare la matematica, a scoprirne la bellezza.

Per fortuna sua (e nostra) Escher ha dimostrato invece di amare le “costruzioni” matematiche, ed è così che nei suoi lavori ritroviamo moltissimi concetti fisici e matematici, quali:

– l’autoreferenzialità, nelle Mani che disegnano

mani_che_disegnano
– l’effetto Droste, un particolare tipo di ricorsività che si manifesta, per esempio, ponendo due specchi uno di fronte all’altro, in Galleria di stampe

galleria di stampe
– la topologia, per esempio le superfici bidimensionali in spazi tridimensionali, in Nastro di Möbius II

Cinta_de_Mobius_II
– l’infinito, tanto dal punto di vista filosofico che matematico, come preludio alle geometrie frattali, in numerose opere e particolarmente in Limite del cerchio I

limitedelcerchio
– il moto perpetuo, attraverso un trucco percettivo che permette a una cascata di azionare un mulino che con la sua forza motrice riporta l’acqua al punto di partenza, in Cascata

Cascada
– le tassellature (riempimenti completi, simmetrici e non) dello spazio, sia in due che in tre dimensioni, in numerose opere quali per esempio Mosaico II

Mosaico_II
– la dimensione spazio-temporale, come in Rettili, dove piccoli animali preistorici escono da un libro per poi rientravi

Reptiles

Written by matemauro

18-06-2010 at 21:35

Pubblicato su arte, escher, matematica

Ricerche di personale (inventate, ma mica tanto…)

with 18 comments

– Cercasi Human Resources Manager for Professional High School (bidello per istituto tecnico). 
Al candidato sono richieste competenze pregresse nel campo del Corridor Controlling, della Bathrooms Bonification e della Food and Drugs Administration. Si richiede conoscenza approfondita della stampa specialistica (Gazzetta o Corriere dello Sport, Cronaca Vera ecc.) Al ruolo primario si aggiunge anche l’incarico di Sales Manager per il settore Bakery and Soft Drinks. Remunerazione base con integrazione di Stock options (possibilità di andarsi a fare un cognacchino al bar se il casino lo permette).
 
– Dinamica società che sviluppa ambienti integrati per l’E-commerce Mobility cerca Key&Doors Manager (portiere) per il suo dipartimento Logistic.
Il K&DM lavorerà in staff con il Car Layout Advisor (posteggiatore) e risponderà direttamente al Condominium Administrator. Time consumers astenersi.
 
– Azienda in forte crescita con Data center nell’India centrale cerca Workforce Integration Manager (guardiano dei programmatori extracomunitari) con provata esperienza di valorizzazione delle risorse umane.
È richiesta esperienza nell`uso di metodologie Stick and Carrot (bastone e carota) e/o Master in SEC (Sistemi di Elusione Contributiva). 
 
– Società assistenza telefonica clienti cerca un Excuse Diversification Manager (cacciaballe) per il suo Call center, con spiccate attitudini alle customer relationships (relazioni con il cliente). 
Costituiscono titolo preferenziale: esperienza nel settore assicurativo; falsa laurea in psicologia; conoscenza intima dell’Amministratore delegato. 
 
– Primario Internet cafè cerca CDE, Cheese Distribution Executive (addetto al banco dei formaggi). 
Il candidato ideale opera in stretta collaborazione con lo SCD (Spaghetti Cooking Departement) per cospargere i piatti con il grana. Costituisce fondamentale prerequisito un'esperienza precedente nel settore della semina e/o nella  distribuzione di mangime ai piccioni nel parco. 
 
– Principale operatore del settore telecomunicazioni cerca un Main Competitor Sputtaner (MCS). 
L’MCS avvicina i clienti della concorrenza e parla male dei loro attuali fornitori. Il candidato ideale ha esperienze di Call center, spionaggio industriale o vendita del Colosseo e della fontana di Trevi. Costituisce titolo preferenziale la disponibilità al suicidio se scoperti.

Written by matemauro

14-06-2010 at 19:30

Pubblicato su varie

Poèsia

with 15 comments

Laoconte

Combatte il mio cuore
 
Son momenti pugnaci
quelli che attraverso;
son giorni e settimane
di voglie contrastanti:
 
ché di scrivere ancora
desiderio n'avrei,
ma la mano e il cervello
non son tutt'or d'accordo.
 
Avvenimenti attuali
con le Spigolature
vorrei commentare;
di personaggi esimi
 
la vita celebrare;
e qualche articolessa
di mia maestra scienza
mi frulla per la testa.
 
Mi manca la tensione,
il vitale elemento,
il principio cardine
di ogni cosa scritta.
 
Combatto dunque, amici,
e ciò vi sia ben noto:
non chiudo questo spazio
che mi (e vi) ha dato;
 
portate ognor pazienza
e dunque perdonate:
l'umil vostro scrivano
ritornerà ben presto!
 
Se ciò non accadrà
mal non gliene vogliate:
sappiate che ha pugnato
con tutte le sue forze…
 
[In testa: Lacoonte e i suoi figli lottano contro i serpenti, scultura greca della scuola di Rodi, I secolo e.v., Musei vaticani]

Written by matemauro

12-06-2010 at 19:45

Pubblicato su blog, poesia

Federcio García Lorca

with 21 comments

garcialorca1

 

Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936) è stato un poeta e drammaturgo spagnolo. Il poeta spagnolo per eccellenza, conosciuto in tutto il mondo, nasce da una famiglia benestante di proprietari terrieri.
 
“Da mio padre ho ereditato la passione e da mia madre l’intelligenza”, dirà a trent’anni.
 
È un bambino allegro, ma timido e pauroso, dotato di una straordinaria memoria e di una passione cocente per la musica e gli spettacoli teatrali, un ragazzo che non va troppo bene a scuola, ma che è capace di coinvolgere nei suoi giochi altre persone. Nel 1915 si iscrive all’università e conosce il giurista Fernando De Los Rios che sarà il suo mentore per tutta la vita. Altri contatti importanti in quel periodo furono quelli con il musicista Manuel De Falla e con il poeta Antonio Machado. All’inizio degli anni venti è invece a Madrid, dove ha contatti con artisti della fama di Dalí, Buñuel e Jimenez. Contemporaneamente si dedica alla scrittura di lavori teatrali; i suoi esordi sono però accolti con freddezza. 
 
Dopo la laurea, la sua vita si riempie di nuove amicizie: i nomi sono sempre di alto livello e vanno dal poeta cileno Pablo Neruda al chitarrista Andrés Segovia, dall’altro poeta suo conterraneo Dámaso Alonso al torero Ignacio Sánchez Mejías. Viaggia molto, soprattutto tra Cuba e gli Stati Uniti, dove ha modo di saggiare in presa diretta i contrasti e i paradossi tipici di ogni società evoluta, e dove, soprattutto, assume un’importanza fondamentale, nella sua produzione poetica, quell’analisi che Franz Kafka aveva condotto pochi anni prima di lui: l’alienazione dell’uomo nella società moderna e i meccanismi che permettono ai pochi di dominare sui molti. Attraverso queste esperienze si forma in modo più preciso l’impegno sociale del poeta, con la creazione di gruppi teatrali autonomi, la cui attività è finalizzata allo sviluppo culturale della Spagna. 
 
Gli anni che seguono sono segnati da altri viaggi e dal consolidamento delle numerose e importanti amicizie, sino alla morte, nel corso di una corrida, del suo amico e compagno Ignacio Sánchez Mejías. Nel 1936, poco prima dello scoppio della guerra civile, García Lorca redige e firma, assieme a Rafael Alberti e ad altri 300 intellettuali spagnoli, un manifesto d’appoggio al Frente Popular, che appare sul giornale comunista Mundo Obrero il 15 febbraio, un giorno prima delle elezioni vinte per un soffio dalla sinistra. 
 
Il 17 luglio 1936 scoppia l’insurrezione militare franchista contro il legittimo governo della Repubblica: inizia la guerra civile spagnola. Il 19 agosto Federico, che si è nascosto a Granada presso alcuni amici, viene trovato, rapito e portato a Víznar, dove, a pochi passi da una fontana conosciuta come la Fontana delle Lacrime, viene brutalmente assassinato senza alcun processo. 
 
Sulla sua morte Pablo Neruda così scrisse, in Confesso che ho vissuto:
 
«L’assassinio di Federico fu per me l’avvenimento più doloroso di un lungo combattimento. La Spagna è sempre stata un campo di gladiatori; una terra con molto sangue. L’arena, con il suo sacrificio e la sua crudele eleganza, ripete l’antica lotta mortale fra l’ombra e la luce. Delle sue opere, quella piú universalmente conosciuta è il LLanto por la muerte de Ignacio Sánchez Mejías, la cui struggente partecipazione interiore ne fanno un’opera davvero di tutti. La morte e la sua negazione hanno fatto invece diventare “a las cinco de la tarde” una locuzione comune a tutte le latitudini, e dovunque indicante la freddezza cieca del destino. Federico ebbe una premonizione della sua morte. Una volta, di ritorno da una tournée teatrale, mi chiamò per raccontarmi  un fatto molto strano. Con la troupe era giunto in un remoto paesino della Castiglia, nelle cui vicinanze si era accampato per passare la notte. Non  riuscendo a dormire, verso l’alba, uscì a fare un giro […]. Si fermò all’ingresso dell’ampio parco di una vecchia proprietà feudale, dove l’abbandono, l’ora e il freddo rendevano la solitudine ancor più penetrante. Federico si sentì, ad un tratto, oppresso per via di qualcosa di confuso che doveva accadere. Si sedette su un capitello caduto. Un agnellino venne a brucare fra i ruderi e la sua comparsa fu quella di un piccolo angelo di nebbia che, di colpo, rendeva umana la solitudine. All’improvviso apparve un branco di maiali. Erano quattro o cinque bestie scure, maiali neri, selvatici e affamati. Federico assistette allora a una scena raccapricciante: i maiali si  avventarono sull’agnello, lo squartarono e divorarono. Questa scena, di sangue e solitudine, scosse Federico a tal punto che ordinò al suo teatro ambulante di proseguire subito il viaggio. Ancora stravolto dall’orrore, Federico mi raccontava questa storia terribile tre mesi prima dello scoppio della guerra civile. In seguito compresi, sempre più chiaramente, che quella scena era stata la rappresentazione anticipata della sua morte. […] L’assassinio di Federico fu per me l’avvenimento più doloroso di un lungo combattimento. La Spagna è sempre stata un campo di gladiatori; una terra con molto sangue. L’arena, con il suo sacrificio e la sua crudele eleganza, ripete l’antica lotta mortale fra l’ombra e la luce.»
 
Lamento per la morte di Ignacio Sánchez Mejías
 
1 IL COZZO E LA MORTE 
 
Alle cinque della sera. 
Eran le cinque in punto della sera. 
Un bambino portò il lenzuolo bianco 
alle cinque della sera. 
Una sporta di calce già pronta 
alle cinque della sera. 
Il resto era morte e solo morte 
alle cinque della sera. 
Il vento portò via i cotoni 
alle cinque della sera. 
E l’ossido seminò cristallo e nichel 
alle cinque della sera. 
Già combatton la colomba e il leopardo 
alle cinque della sera. 
E una coscia con un corno desolato 
alle cinque della sera. 
Cominciarono i suoni di bordone 
alle cinque della sera. 
Le campane d’arsenico e il fumo 
alle cinque della sera. 
Negli angoli gruppi di silenzio 
alle cinque della sera. 
Solo il toro ha il cuore in alto! 
alle cinque della sera. 
Quando venne il sudore di neve 
alle cinque della sera, 
quando l’arena si coperse di iodio 
alle cinque della sera, 
la morte pose le uova nella ferita 
alle cinque della sera. 
Alle cinque della sera. 
Alle cinque in punto della sera. 
Una bara con ruote è il letto 
alle cinque della sera. 
Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie 
alle cinque della sera. 
Il toro già mugghiava dalla fronte 
alle cinque della sera. 
La stanza s’iridava d’agonia 
alle cinque della sera. 
Da lontano già viene la cancrena 
alle cinque della sera. 
Tromba di giglio per i verdi inguini 
alle cinque della sera. 
Le ferite bruciavan come soli 
alle cinque della sera. 
E la folla rompeva le finestre 
alle cinque della sera. 
Alle cinque della sera. 
Ah, che terribili cinque della sera! 
Eran le cinque a tutti gli orologi! 
Eran le cinque in ombra della sera! 
 
2 IL SANGUE VERSATO 
 
Non voglio vederlo! 
 
Di’ alla luna che venga,
ch’io non voglio vedere il sangue
d’Ignazio sopra l’arena. 
 
Non voglio vederlo! 
 
La luna spalancata.
Cavallo di quiete nubi,
e l’arena grigia del sonno
con salici sullo steccato.
Non voglio vederlo!
Il mio ricordo si brucia.
Ditelo ai gelsomini
con il loro piccolo bianco! 
 
Non voglio vederlo!
La vacca del vecchio mondo
passava la sua triste lingua
sopra un muso di sangue
sparso sopra l’arena,
e i tori di Guisando,
quasi morte e quasi pietra,
muggirono come due secoli
stanchi di batter la terra.
No.
Non voglio vederlo! 
 
Sui gradini salì Ignazio
con tutta la sua morte addosso.
Cercava l’alba,
ma l’alba non era.
Cerca il suo dritto profilo,
e il sogno lo disorienta.
Cercava il suo bel corpo
e trovò il suo sangue aperto.
Non ditemi di vederlo!
Non voglio sentir lo zampillo
ogni volta con meno forza:
questo getto che illumina
le gradinate e si rovescia
sopra il velluto e il cuoio
della folla assetata.
Chi mi grida d’affacciarmi?
Non ditemi di vederlo! 
 
Non si chiusero i suoi occhi
quando vide le corna vicino,
ma le madri terribili
alzarono la testa.
E dagli allevamenti
venne un vento di voci segrete
che gridavano ai tori celesti,
mandriani di pallida nebbia.
Non ci fu principe di Siviglia
da poterglisi paragonare,
né spada come la sua spada
né cuore così vero.
Come un fiume di leoni
la sua forza meravigliosa,
e come un torso di marmo
la sua armoniosa prudenza.
Aria di Roma andalusa
gli profumava la testa
dove il suo riso era un nardo
di sale e d’intelligenza.
Che gran torero nell’arena!
Che buon montanaro sulle montagne!
Così delicato con le spighe!
Così duro con gli speroni!
Così tenero con la rugiada!
Così abbagliante nella fiera!
Così tremendo con le ultime
banderillas di tenebra! 
 
Ma ormai dorme senza fine.
Ormai i muschi e le erbe
aprono con dita sicure
il fiore del suo teschio.
E già viene cantando il suo sangue:
cantando per maremme e praterie,
sdrucciolando sulle corna intirizzite,
vacillando senz’anima nella nebbia,
inciampando in mille zoccoli
come una lunga, scura, triste lingua,
per formare una pozza d’agonia
vicino al Guadalquivir delle stelle.
Oh, bianco muro di Spagna!
Oh, nero toro di pena!
Oh, sangue forte d’Ignazio!
Oh, usignolo delle sue vene!
No.
Non voglio vederlo!
Non v’è calice che lo contenga,
non rondini che se lo bevano,
non v’è brina di luce che lo ghiacci,
né canto né diluvio di gigli,
non v’è cristallo che lo copra d’argento.
No.
Io non voglio vederlo!
 
3 CORPO PRESENTE 
 
La pietra è una fronte dove i sogni gemono
senz’aver acqua curva né cipressi ghiacciati.
La pietra è una spalla per portare il tempo
Con alberi di lagrime e nastri e pianeti. 
 
Ho visto piogge grigie correre verso le onde
alzando le tenere braccia crivellate
per non esser prese dalla pietra stesa
che scioglie le loro membra senza bere il sangue. 
 
Perché la pietra coglie semenze e nuvole,
scheletri d’allodole e lupi di penombre,
ma non dà suoni, né cristalli, né fuoco,
ma arene e arene e un’altra arena senza muri. 
 
Ormai sta sulla pietra Ignazio il ben nato.
Ormai è finita. Che c’è? Contemplate la sua figura:
la morte l’ha coperto di pallidi zolfi
e gli ha messo una testa di scuro minotauro. 
 
Ormai è finita. La pioggia entra nella sua bocca.
Il vento come pazzo il suo petto ha scavato,
e l’Amore, imbevuto di lacrime di neve,
si riscalda in cima agli allevamenti. 
 
Cosa dicono? Un silenzio putrido riposa.
Siamo con un corpo presente che sfuma,
con una forma chiara che ebbe usignoli
e la vediamo riempirsi di buchi senza fondo. 
 
Chi increspa il sudario? Non è vero quel che dice!
Qui nessuno canta, né piange nell’angolo,
né pianta gli speroni né spaventa il serpente:
qui non voglio altro che gli occhi rotondi
per veder questo corpo senza possibile riposo. 
 
Voglio veder qui gli uomini di voce dura.
Quelli che domano cavalli e dominano i fiumi:
gli uomini cui risuona lo scheletro e cantano
con una bocca piena di sole e di rocce. 
 
Qui li voglio vedere. Davanti alla pietra.
Davanti a questo corpo con le redini spezzate.
Voglio che mi mostrino l’uscita
per questo capitano legato dalla morte. 
 
Voglio che mi insegnino un pianto come un fiume
ch’abbia dolci nebbie e profonde rive
per portar via il corpo di Ignazio e che si perda
senza ascoltare il doppio fiato dei tori. 
 
Si perda nell’arena rotonda della luna
che finge, quando è bimba dolente, bestia immobile;
si perda nella notte senza canto dei pesci
e nel bianco spineto del fumo congelato. 
 
Non voglio che gli copran la faccia con fazzoletti
perché s’abitui alla morte che porta.
Vattene, Ignazio. Non sentire il caldo bramito.
Dormi, vola, riposa. Muore anche il mare! 
 
4 ANIMA ASSENTE
 
Non ti conosce il toro né il fico,
né i cavalli né le formiche di casa tua.
Non ti conosce il bambino né la sera
perché sei morto per sempre. 
 
Non ti conosce il dorso della pietra,
né il raso nero dove ti distruggi.
Non ti conosce il tuo ricordo muto
perché sei morto per sempre. 
 
Verrà l’autunno con conchiglie,
uva di nebbia e monti aggruppati,
ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
perché sei morto per sempre. 
 
Perché sei morto per sempre,
come tutti i morti della Terra,
come tutti i morti che si scordano
in un mucchio di cani spenti. 
 
Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
L’insigne maturità della tua conoscenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria. 
 
Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura.
Io canto la sua eleganza con parole che gemono
e ricordo una brezza triste negli ulivi. 
 
(Trad. Carlo Bo)

Written by matemauro

04-06-2010 at 22:33

Pubblicato su garcia lorca, poesia

Pausa (con pensierino finale…)

with 23 comments

Photobucket

Amici carissimi, è qualche giorno che sinceramente non ho le forze mentali e fisiche per aggiornare il mio blog e per venire a commentare da voi. L’unica cosa che riesco a fare è rispondere ai pvt, e ringrazio quelli che mi sono con questo mezzo vicini. Mi dispiace tantissimo, perché sapete quanto ci tengo; spero soltanto che quanto prima la situazione migliori e che questo blog possa ritornare “più bello e più superbo che prìa” (cit.) 😀

Vi voglio bene, a tutti!

P.S. Il post doveva finire qui, ma come al solito quando comincio a scrivere mi faccio prendere la mano… 😉 e allora ecco la spiegazione filmata della citazione di cui sopra: il brano più celebre del “Nerone” di Petrolini, che così svillaneggiava il Mr. B. (e i suoi accoliti) dei suoi tempi…
 

Written by matemauro

01-06-2010 at 22:46

Pubblicato su blog