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Di matematica ma non soltanto…

Archive for the ‘varie’ Category

Bossi & Clyde

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«La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo.»

(Umberto Bossi, 14 aprile 2010)

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17-04-2010 at 19:47

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Favola cherokee

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Indian-Smoking-PipeJimalee BurtonNarra un'antica favola dei pellerossa di un vecchio Cherokee seduto davanti al tramonto con suo nipote.
 
«Nonno, perché gli uomini combattono?»
 
Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
 
«Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi.»
 
«Quali lupi, nonno?»
 
«Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.»
 
Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine, il vecchio, che aveva dentro di sé la saggezza del tempo, riprese con il suo tono calmo.
 
«Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie ed egoismo.»
 
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dar modo al bambino di capire quello che aveva appena detto.
 
«E l'altro?»
 
«L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.»
 
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
 
«E quale lupo vince?»
 
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
 
«Quello che nutri di più.»

Written by matemauro

08-04-2010 at 23:02

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Scomparsa di un fisico siciliano – 3ª e ultima parte

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letteramajoranaL'insegnamento a Napoli e la scomparsa
 
A Napoli, però, Majorana non resterà che poche settimane, dai primi di gennaio del 1938 a fine marzo.
 
È da sottolineare intanto che, per le tre lezioni settimanali (martedì, giovedì, sabato) che tiene all’Università, l’abitare a Napoli non è poi necessario, considerando che ha casa a Roma. Indubbiamente, però, lo stare in albergo, più solo di quanto non riuscisse ad essere in famiglia, gli piace. A Napoli ha fatto un altro passo verso la totale solitudine cui aspira. Gliene resta da fare un altro ancora, definitivo.
 
Alloggia all’albergo Bologna, come uno straniero. Le sue giornate sono vuote di allievi (perché ben pochi di essi sono in grado di seguire ed apprezzare le sue lezioni, di livello sempre oltremodo elevato) e piene, forse, di solitarie passeggiate per lungomare Caracciolo. Poi due lettere, scritte in un pomeriggio di solitudine, il 25 marzo 1938. Due lettere per dire addio a tutto e a tutti.
 
Il 25 marzo, alle 22.30, Ettore Majorana sale sul piroscafo di linea Napoli-Palermo. Prima di salire a bordo, però, scrive le due lettere di cui dicevamo. Una è indirizzata ad Antonio Carrelli, direttore dell’istituto di Fisica di Napoli, del quale pur in breve tempo era diventato amico:
 
«Caro Carrelli,
Ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma sopra tutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi.
Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.»
 
La seconda è indirizzata ai familiari (questa non spedita, ma ritrovata nella stanza d’albergo):
 
«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.»
 
Sono ben note altre lettere di suicidi; in tutte c’è, anche nella grafia, un’alterazione più o meno forte, sempre. Un che di scomposto, di caotico. Nelle due di Ettore sono riscontrabili, invece, un ordine, una compostezza, un gioco al limite dell’ambiguità che difficilmente potrebbero non essere voluti. Come, per esempio, quell’inciso “e possibilmente anche dopo”, dopo aver nominato la sua “scomparsa”. Se è risoluto a suicidarsi, qual è il senso di quell’inciso? E la stessa parola “scomparsa”, in luogo di morte o fine, può essere che sia stata usata perché venisse intesa come eufemismo, mentre magari non lo è affatto. E ancora: se il piroscafo parte alle 22.30, alle “undici di questa sera” sarà sicuramente ancora sotto costa e il ponte sarà ancora affollato di marinai e di passeggeri: impossibile credere di potersi gettare in mare senza che qualcuno veda e intervenga…
 
Comunque: Carrelli non ha ancora ricevuto la prima lettera, quando un telegramma di Majorana, inviato da Palermo il giorno dopo, il 26, lo prega di non tenerne conto.
 
Riceve poi la lettera, capisce il senso del telegramma e telefona a Roma, ai familiari di Ettore, che però, naturalmente, cadono dalle nuvole. Gli arriva in seguito una seconda lettera di Ettore, anche questa, come il telegramma, da Palermo, su carta intestata del Grand Hotel Sole:
 
«Caro Carrelli,
Spero ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.»
 
Questa lettera è del 26 marzo. E anche su questa lettera ci sarebbero da fare osservazioni dello stesso tenore di quelle fatte sulla precedente. Cosa significano le espressioni “il mare mi ha rifiutato” e “una ragazza ibseniana”? Impossibile che un uomo colto come Majorana le usi a sproposito, più logico pensare invece che siano un sistema per depistare le indagini successive alla sua “scomparsa”

Secondo gli accertamenti della polizia, comunque, la sera del 26, alle ore 19, Majorana si imbarca sul “postale” per Napoli; e a Napoli sbarca l’indomani, alle 5.45. Che il viaggio sia stato effettuato fino allo sbarco a Napoli, lo dice il biglietto di ritorno, che è stato consegnato e si trova presso la direzione della “Tirrenia”. Che nella cabina, corrispondente a quella assegnata dal biglietto a Ettore Majorana, abbia viaggiato una persona che poteva essere lui, lo dice un altro occupante della stessa cabina, anche se la testimonianza non convince fino in fondo la polizia.

 
E di altre circostanze inspiegabili (o spiegabili con una conclusione della vicenda diversa dal suicidio) ce ne sono: Majorana porta con sé il passaporto, non ritrovato nella stanza dell’albergo Bologna; il 22 gennaio ha chiesto a suo fratello e a sua madre di ritirare in banca la sua parte del conto in banca e di inviargliela; prima di sparire ritira tutto il denaro dal proprio conto e anche gli stipendi arretrati (che non aveva mai preso) da ottobre a febbraio. Ora: è possibile che una persona che pensa al suicidio si preoccupi di portare con sé, per un viaggio dal quale prevede di non tornare, il passaporto e una grossa somma (si parla di parecchie migliaia di euro di oggi, in totale) di denaro?
 
Di Ettore Majorana non si avranno più notizie, né si è mai ritrovato il corpo.
 
Le ipotesi che sono state fatte sulla sua scomparsa, a parte il suicidio, seguono diversi filoni; le elenco, in ordine più o meno inverso di plausibilità:
 
1. L’ipotesi dell’omicidio: qualcuno ipotizza che Majorana sia stato ucciso per rivalità interne al mondo accademico. Ipotesi senza dubbio da scartare, a meno che non si voglia anche supporre che tutti i comportamenti (lettere, prelievi di denaro ecc.) precedenti alla sparizione siano stati a Ettore “indotti” dall’assassino (o dagli assassini), il che sembra francamente un castello di carta costruito sulla sabbia.
 
2. La via tedesca: assume, con molta, fin troppa, fantasia, che egli sarebbe tornato in Germania per mettere a disposizione del governo nazista le sue conoscenze e le sue intuizioni.
 
3. La via argentina: si basa su vaghe tracce di una sua presenza a Buenos Aires, specie intorno agli anni sessanta: una signora riferì di aver sentito parlare di lui dal figlio; un ex ispettore di polizia riconobbe in una fotografia di Majorana l’italiano che aveva incontrato a Buenos Aires in quegli anni; nel 1974, a Taormina, Blanca de Mora, vedova dello scrittore guatemalteco Asturias (premio Nobel per la letteratura nel 1967), stupì gli amici italiani che discutevano del “mistero” di Majorana affermando: «Ma come, vi ponete ancora delle domande su Ettore Majorana? A Buenos Aires lo conoscevamo in tanti: fino a che vi ho vissuto, lo incontravo a volte in casa delle sorelle Manzoni, discendenti del grande romanziere». Una delle sorelle Manzoni, matematica, quella che delle due avrebbe conosciuto meglio Ettore, era però ormai morta. L'altra, scrittrice, non ricordava bene se tra le amicizie della sorella ci fosse un certo Ettore Majorana. Tracce, dopo tutto, fin troppo labili.
 
4. Quella siciliana, emersa intorno agli anni settanta, che dava Majorana in Sicilia: sarebbe stato lui, il fisico eccellente, che errava per la Sicilia come un barbone. Alcuni elementi a sostegno di quest’ipotesi, in realtà, erano più o meno verosimili: un certo Tommaso Lipari girava per le strade di Mazara del Vallo, dove poi aveva trovato la morte il 9 luglio del 1973; si trattava di un barbone tutto particolare, dotato di una brillante conoscenza delle materie scientifiche, tanto che risolveva i compiti degli scolari che gli chiedevano aiuto; un abitante del paese disse che il Lipari gli aveva mostrato una cicatrice sulla mano destra, caratteristica segnalata alla polizia dai familiari di Ettore; inoltre usava appoggiarsi a un bastone con incisa la data del 5 agosto 1906, ovvero la data di nascita di Ettore. Sul caso Lipari intervenne anche l’allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino: nel 1948 un “Tommaso Lipari” era stato rilasciato dalle patrie galere (dove era finito per un piccolo reato) e la cui identità era pertanto considerata certa; era così possibile confrontare la sua firma con quella del clochard, rinvenendo una tale somiglianza tra loro che Borsellino si sentì di concludere che appartenessero alla stessa persona, escludendo di fatto un’“ipotesi Majorana ancora in Sicilia”.
 
5. La via monastica, sposata soprattutto da Sciascia nel libro citato, assume che egli si sarebbe rinchiuso in un monastero, per fuggire da tutto e da tutti, dal momento che non sopportava la vita sociale e, soprattutto, la direzione che stava prendendo la fisica sperimentale, quella dello sfruttamento bellico dell’energia atomica. La via monastica si riallaccerebbe alla gioventù di Ettore, che aveva frequentato l’istituto dei gesuiti a Roma. Un possibile legame con il passato che si rifarebbe vivo, una parte della sua giovinezza. Su questa pista si erano inoltre indirizzate anche le ricerche della stessa famiglia, la quale si era rivolta, attraverso intermediari, a Pio XII, promettendo di non voler affatto interferire sulle scelte eventualmente maturate da Ettore, ma asserendo di voler sapere semplicemente se egli fosse vivo: nessuna risposta, di alcun segno, venne mai fornita.
 
Per concludere, non si può non sottoscrivere la frase scritta da Arturo Bocchini, capo della polizia, nel rapporto finale a Mussolini, sollecitato a compiere ogni sforzo per ritrovare Majorana da una “supplica” della madre di Ettore e da una lettera di Fermi:

«I morti si trovano; sono i vivi che possono scomparire.»

Come a dire che una persona della genialità di Majorana, se avesse voluto organizzare la propria “scomparsa”, non avrebbe incontrato alcuna difficoltà. Soprattutto a fronte di una polizia e di una magistratura che badava più ad arrestare e condannare gli antifascisti che ad altro; si pensi, per esempio, al “caso Girolimoni”, avvenuto a Roma qualche anno prima, quando ancora il fascismo non aveva completamente permeato polizia e magistratura: un uomo, sicuramente innocente, venne arrestato per il rapimento, lo stupro e l'omicidio, in un intervallo di tre anni, di sette bambine; così il regime ebbe un “mostro” cui addossare la colpa, salvo il fatto, completamente passato sotto silenzio dalla stampa ormai totalmente imbavagliata, che Girolimoni venne poi scagionato senza nemmeno arrivare al processo e il vero colpevole (probabilmente un alto prelato anglicano) non venne mai scoperto.
 

(Fine – Le puntate precedenti sono state pubblicate il 14 e il 17 marzo)

In testa: l’ultima lettera di Majorana a Carrelli.

Written by matemauro

22-03-2010 at 21:23

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100.000!!!

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100000_1(e rotti…)

G R A Z I E !

Written by matemauro

20-03-2010 at 19:52

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Un sonetto in dialetto dedicato a mio padre

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L’auguri a mi’ padre pe’ san Giuseppe
(puro si nun ce credemo…)
 
A pa’, siccome er tempo è ’n po’ tiranno,
te vojo fa l’auguri ppiù sinceri;
te vojo di’ che, anno dopo anno,
hai dimostrato sentimenti veri.
 
Sei stato duro quanno ch’è servito,
ma sempre in modo più che regolare.
Sei stato granne e m’hai tanto divertito,
sei stato padre ne ’r modo più esemplare.
 
Sei stato bbono e m’hai dato tanto,
tu nun m’hai fatto manca’ mmai gnente.
M’hai sopportato propio come ’n zanto
 
e m’hai ’nzegnato a rispetta’ la ggente.
Te ringrazzio pe’ come m’hai educato
e pe’ tutto ciò che mm’hai sempre dato.

Written by matemauro

19-03-2010 at 00:13

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Spigolature

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spigoli

In questo affaire di formighini e polveroni la Lega si ritrova proprio male: sempre pronta a esorcizzare la certezza della pena, ora si ritrova a dover difendere l'indifendibile. D'altronde, mi chiedo come si fa a sostenere la “certezza della pena” se non c'è, prima e a fortiori, la “certezza del diritto”, se ogni volta che qualche potente viene incastrato dalla legge si fa una legge ad hoc per svicolare… È proverbio italiano fin nel profondo quello secondo il quale “fatta la legge, trovato l'inganno”…

Leggo poi che il governatore (uno vero, eh? Mica uno di cartapesta come quelli che guidano le Regioni italiane…) dello stato di Nuova York (come diceva sempre Ruggero Orlando) sta correndo il serio rischio di doversi dimettere per uno scandalo. Voi vi chiederete naturalmente il perché: sarà stato colto in atteggiamenti sospetti con qualche stagista? sarà stato videoripreso mentre accettava una mazzetta da qualche milione di dollari? Macché, niente di tutto ciò: è stato accusato di aver ricevuto in regalo due (2!) biglietti per una partita delle World Series (la finale del campionato nordamericano di baseball); valore totale del regalo 980$ (circa 700€), di qualche dollaro superiore a ciò che un governatore o un presidente statunitense può accettare come regalo.

Meditate, gente, meditate…

Written by matemauro

05-03-2010 at 19:38

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Il cielo cade

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A Penny, perché non cadano più cieli

Friniscon le cicale su al Focardo,
risuonan di fanciulli le risate,
la mente allegra, le gote arrossate,
di vita e amore appetito gagliardo.

Finisce presto il tempo di giocare:
foschi corvi sorvolano le selve,
su pei monti s’aggirano le belve
in cerca d’una preda da sbranare.

C’è una famiglia intera, su al Focardo:
eguali, eppur si scoprono diversi,
ché i sanguinari a loro sono avversi.

Mi preme rimembrar destin beffardo:
tolta la vita avranno tre di loro
e il quarto, poco dopo, farà coro.

Mauro Antonetti

Il cielo cade è un libro di Lorenza Mazzetti, scrittrice e regista italiana, nel quale ella riporta in modo pressoché autobiografico gli avvenimenti nella villa del Focardo fino all’agosto 1944. Dal libro è stato tratto nel 2000 l’omonimo film con Isabella Rossellini, per la regia di Andrea e Antonio Frazzi, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico e musicato da Luis Bacalov.

Le testimonianze pubblicate o comunque tramandate sull’eccidio della famiglia Einstein-Mazzetti sono numerose: da un loro raffronto incrociato, molti dettagli risultano discordanti e divergenti. Il rispetto per la memoria delle vittime e per la sensibilità dei parenti ancora vivi mi spinge a ricordare quella terribile tragedia nella semplicità dei fatti sicuramente certi.

Robert Einstein, cugino di Albert Einstein (erano rispettivamente figli dei fratelli Jakob e Hermann Einstein), si sposò a Roma con Nina Mazzetti, figlia di un pastore protestante. Dal matrimonio nacquero Luce, la primogenita, e Annamaria, chiamata affettuosamente Cicì. In un secondo tempo, la famiglia accolse le due nipoti gemelle, Paola e Lorenza, rimaste prematuramente orfane, figlie del fratello di Nina Mazzetti. Alla fine degli anni trenta, la famiglia si trasferì a Firenze, e acquistò la villa del Focardo, a Rignano sull’Arno, per trascorrervi i mesi estivi. Dopo l’8 settembre 1943 la situazione precipitò e divenne ancor più difficile nei mesi successivi, quando i soldati tedeschi occuparono tutte le ville dei dintorni, che diventarono centri di comando della resistenza nazista all’avanzata anglo-americana e alle azioni belliche dei partigiani.

Fin dai primi giorni del novembre 1943 la villa di Robert venne occupata da un reparto di soldati tedeschi. Robert diede ascolto agli insistenti consigli degli amici e si rifugiò nei boschi circostanti, insieme ad alcuni partigiani. Il 3 agosto, l’ultimo giorno di permanenza dei tedeschi nella zona, arrivò un reparto di soldati (forse SS, ma più probabilmente un reparto della Wehrmacht, l’esercito tedesco, appositamente costituito per ricercare Robert). La sera interrogarono ripetutamente le figlie e la moglie di Robert, poi le fucilarono, risparmiando però Lorenza e Paola, che avevano cognome italiano; prima di andarsene, diedero fuoco alla villa. Robert, che si trovava nelle vicinanze, vedendo le fiamme, accorse subito e, scoprendo l’assassinio della moglie e delle figlie, tentò invano il suicidio.

Il giorno successivo alla strage, nel giardino della villa venne ritrovato un foglio, attualmente l’unico documento semi-ufficiale sulla vicenda. Vi si legge: “…abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei”. Qualche giorno dopo arrivò un maggiore della Quinta armata statunitense, Milton Wexler, ex studente di Albert Einstein e incaricato probabilmente da lui di trovare il cugino. A settembre il maggiore scrisse una lettera ad Einstein informandolo che la moglie e le due figlie di Robert erano state uccise per mano dei nazisti, ma che lo stesso Robert era rimasto incolume. A novembre lo stesso Robert scrisse una lettera al cugino, informandolo che la Commissione americana per i crimini di guerra aveva già avviato le indagini e gli chiese aiuto per ottenere l’identificazione e la condanna degli assassini. Il 13 luglio 1945, in occasione dell’anniversario del suo matrimonio con Nina, Robert Einstein si suicidò tra i resti della villa incendiata. È sepolto oggi accanto alla moglie e alle figlie, nel cimitero di Rignano.

I responsabili della strage non sono mai stati identificati.

La foto in testa è l’unica ritrovata tra i resti dell’incendio della villa del Focardo e raffigura Robert Einstein con la moglie Nina. È impressionante la straordinaria rassomiglianza di Robert con il cugino Albert.
Penny è la protagonista-narratrice del libro di Lorenza Mazzetti, il cui titolo deriva da un sogno che la bambina fa qualche notte prima della tragedia, nel quale, appunto, le cade il cielo addosso; i giorni successivi tutti i bambini con le mani alzate a tentare di fermarlo…
La frase "sono stata «uguale» a loro nella gioia e «diversa» al momento della morte" è nella postfazione-dedica del libro.

Written by matemauro

28-02-2010 at 23:11

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Fred Buscaglione

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Ferdinando Buscaglione (Torino, 23 novembre 1921 – Roma, 3 febbraio 1960) è stato un cantautore e attore italiano.

Quante avventure, quante sottili sfumature offre una canzone, l’ideazione di un mondo, la scrittura di un testo. Modi, usanze, abitudini che riflettono un periodo, un sistema d’approccio alla vita di ogni giorno. Poi, per molti, l’inevitabile declino; al massimo, ai migliori viene riservato un qualche revival ma, quando il più è dato, poco poi resta.

Per i grandi artisti bisogna dilungarsi ben poco, ci hanno insegnato; è anche vero che per i grandi artisti, proprio per questa loro valenza superiore, la ricerca non è mai abbastanza. È questo il caso di Fred Buscaglione, famoso in Italia nei tardissimi anni 50 per una serie di uniche e suggestive criminal songs, elemento solo piccola parte di una ben più complessa ed intensa attività.

Arrangiamenti sincopati, accostamenti di strumenti fuori dalla norma, scelte armoniche ardite per lo stile melodico dell’epoca e un costante, raffinato amore per lo swing. uno stile accattivante e compromettente che gli permetteva di sbilanciarsi. Tutto questo, che evidentemente era già in nuce in lui, è stato in qualche maniera amplificato dal caso: Buscaglione, chiamato alle armi nel 1943, venne presto catturato dagli americani e imprigionato in un campo in Sardegna. Lì, mentre fischiettava Stardust venne notato da un sergente di colore che lo convocò nella banda italo-americana di ispirazione jazzistica. Per Fred fu la svolta.

Al grande pubblico, nel 1956, bastarono poche apparizioni televisive per capire Buscaglione; era così chiaro che dietro i baffetti c’era una grande bontà, una grande normalità, una confidenza che persuase immediatamente tutti.

Con quelle canzoni tutti si sentirono un po’ come i personaggi descritti e lui divenne il maestro di cerimonie di una graziosa distrazione con solide radici artistiche.

Le criminal songs erano soltanto una parte di una più robusta ossatura letterario-musicale. Per esempio, Teresa non sparare è una sorta di reportage giornalistico dell’epoca con tanto di omissione di cognome, sottolineato da una semplice ed effettistica sonorizzazione. Quella che Fred descrive è una Italia che si incammina, nel periodo del boom economico, sulla strada del quotidiano, fischiettando, sfogliando il giornale, soffermandosi con stupore su una notiziola di cronaca nera, dimenticata dal redattore in chissà quale angolo e amplificata dal bisogno popolare di identificarsi nell’altrui commedia quotidiana.

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Written by matemauro

23-11-2009 at 23:20

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La Luna, l’acqua e l’aria

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lunaLa Luna, l’acqua e l’aria


Ha detto ’no scienziato americano
ch’hanno trovato l’acqua inzù la Luna:
che culo! (ovverossia: che fortuna!)
Vajelo a di’ a ’n povero africano

che l’acqua nun ce l’ha, ed è ’n carvario…
Ho letto poi che tutti i governanti,
co’ la scusa che i pille so’ calanti,
vonno privatizza’ ’sto ben primario.

Io so’ sicuro che, o prima o ppoi,
ariverà er messo communale
pe’ famme paga’ l’aria che respiro;

quello sarà er giorno, pe’ me e ppe’ vvoi,
che ’sto cazzo d’economia globbale
ce farà esala’ l’urtimo sospiro…
 
 
La Luna, l’acqua e l’aria

Ha detto uno scienziato americano
che hanno trovato l’acqua sulla Luna:
che culo! (ovvero: che fortuna!)
Vaglielo a dire a un povero africano

che l’acqua non ce l’ha, ed è un calvario…
Ho letto poi che tutti i governi,
per via dei Pil che sono in calo,
vogliono privatizzare questo bene primario.

Sono sicuro che, prima o poi,
arriverà l’esattore comunale
per farmi pagare l’aria che respiro;

quello sarà il giorno, per me e per voi,
che questo cazzo di economia globale
ci farà esalare l’ultimo sospiro…

Written by matemauro

14-11-2009 at 22:08

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L’ultimo sonetto

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Cala er zipario
 
È quarche tempo ormai che ’gni sonetto
e ogni poste, pur si ce sto attento
(ai doppi senzi, a ’r tajo, a l’argomento),
me lasciano ’n zapore de ggià ddetto.

E da quanno me frulla ’sto concetto
lo scrive score sempre ppiù a rilento;
me so’ quasi stufato de ’r cimento,
è ’n pezzo che ce penzo: pijo e smetto.

Amichi, nun pijateme pe’ matto
si dico che li poste so’ finiti:
in fonno, questo è er momento adatto;

pe’ ccarità, se semo divertiti,
e de ppiù d’uno, dài, so’ soddisfatto,
ma forze li penzier se so’ esauriti…

Cala il sipario

È qualche tempo ormai che ogni sonetto
e ogni post, anche se ci sto attento
(ai doppi sensi, al taglio, all’argomento),
mi lasciano un sapore di già detto.

E da quanto mi frulla in mente questo pensiero
la scrittura scorre sempre più a rilento;
mi sono quasi stufato di questa attività,
è un bel po che ci penso: prendo e smetto.


Amici, non prendetemi per matto
se dico che i post sono finiti:
in fondo, questo è il momento adatto;

per carità, ci siamo divertiti,
e di più di uno sono soddisfatto,
ma forse le idee si sono esaurite…

Written by matemauro

09-11-2009 at 23:29

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