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Di matematica ma non soltanto…

Le Parche – sonetto dialettale

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’E Parche

La lana è su la rocca. Co’ destrezza
c’è Lachesi che svorge[1] via la vita,
ner mentre Cloto, co’ l’esperte dita,
fila lo stame come ’na carezza.

La terza parca, fija de la notte,
co’ ’n par de forbicioni sta a decide[2]
quanno quer filo tocca de recide[3]:
Atropo è quella che, tajanno[4], fotte!

Le Moire so’ strumenti de ’r destino,
che pe’ ciascuno c’ha la su’[5] lunghezza
e er compito l’assorveno[6] a puntino.

L’omo, che de li ddii[7] nun è a l’artezza,
ha dda capi’ che nun po’ fa’ er cretino[8]
né po’ tratta’ la vita co’ pochezza[9].

Note

[1] Svolge.
[2] Con un paio di forbicioni sta decidendo.
[3] Quando quel filo va reciso.
[4] Tagliando.
[5] La sua.
[6] L’assolvono.
[7] Degli dèi.
[8] Deve capire di non poter fare il cretino (ma si noti che a Roma nun se po’ assume il significato di non si deve).
[9] Né può trattare la vita con sufficienza.

Written by matemauro

17-03-2009 a 18:58

Pubblicato su poesia

17 Risposte

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  1. Vabbé che sono laureata in lingue, ma mi tocca faticare nella lettura….

    chichita

    17-03-2009 at 19:39

  2. più che “fija de la notte”, Atropo me pare fija de ‘na mi…tologica creatura ! :))

    bella la poesiola, come al solito

    abbraccione
    c.

    h2no3

    17-03-2009 at 20:39

  3. ciao, sempre attivo il tuo blog…bene.
    un caro e affettuoso saluto
    teresa

    lateresa

    17-03-2009 at 23:40

  4. anvedi….ma avrò sbagliato, dovevo mettere qualche accento….

    Francesco071966

    17-03-2009 at 23:53

  5. Noooooooooooooo!!!La fatica di leggere la traduzione nun la reggo!!!

    tamango

    18-03-2009 at 12:11

  6. Dov’è finito Valcorvina? E’ in congedo temporaneo??? ;D…

    donburo

    18-03-2009 at 13:23

  7. speramo di non incontralle, maiiiiii, o per lo meno fra tanto tanto tanto tempoooooo. ciao ciao penny

    penny46

    18-03-2009 at 14:42

  8. Maurè, pure le Parche hai disturbato
    pè ricordacce i giochi der destino…
    E se quarcuno è triste o s’è ammalato,
    se deve fà ‘na boccia dé bon vino…
    Maurè, nun istigacce ar gesto insano
    nun ce fa ricordà che gira gira
    semo mortali…mica come er nano
    che ce lo mette in culo colla mira…
    Vabbè, sò le signore della notte
    le porche Parche dell’antichi greci
    sò stronze, la miseria, ‘ste mignotte…
    Artro che li facjoli e pasta e ceci.

    E mo’ me tocca fà li complimenti
    a Mauro pé ‘sti bei componimenti…

    xdanisx

    18-03-2009 at 20:37

  9. Ad ogni parca il suo compito e a noi assorbire per benino il concetto della chiusa: mai trattare la vita con superficialità. Un abbraccione e buona serata Mauro!

    hettori

    18-03-2009 at 21:15

  10. Bè, in romanesco diciamo che la faccenda è più accattivante? Redcats

    redcats

    18-03-2009 at 21:33

  11. Bisogna essere parche… io lo dico sempre, ognuna sia parca, molto parca… :DDD

    Pralina

    18-03-2009 at 22:53

  12. Mi piace molto la lirica greca arcaica ed ho pensato a Mimnermo nel frammento tradotto da Quasimodo:”Come le foglie…”……ma le nere dee ci stanno accanto… e Mandruzzato, che traduce splendidamente e in modo più moderno tutto e regala un Anacreonte fantastico, mi sembra meno musicale in questo passo “ Ma a fianco stanno le nere Potenze“.
    E’ una bella occasione per me. Sei stato davvero bravo, Mauro, senza le scorciatoie di significato, con intelligente ironia e grande preparazione.
    Sabina

    xdanisx

    19-03-2009 at 11:10

  13. Il finale mi fa tornare in mente un sonetto di Trilussa, quello de l’elisir di lunga vita.
    Un sonetto davvero piacevole, complimenti!

    Skeight

    19-03-2009 at 15:48

  14. Quoto comm.n°8.
    e ti faccio tantissimi complimenti,sei moltissimo bravo.
    un bacio
    vany

    romanticaperla

    19-03-2009 at 20:45

  15. 🙂 vany

    romanticaperla

    19-03-2009 at 20:45

  16. Di questo passo, mi sa che lo imparerò anch’io, ‘sto romanesco :)))

    Bruno

    Bierreuno

    20-03-2009 at 17:12

  17. […] la vita di un essere umano, decidendo così, a suo piacere, quando deve morire. Si veda questo mio sonetto di qualche tempo […]


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